Per Macron l’Unione europea rischia di morire. Ma Francia e Germania non sono d’accordo neanche sui dazi alle auto cinesi

Troppe regole e pochi investimenti, sostiene il leader francese. Ma anche la distanza con la Germania rischia di minare il progetto europeo
14 ore fa
3 minuti di lettura
Macron e Scholz
Da sinistra: Emmanuel Macron (Jumeau Alexis/ABACA/IPA/Fotogramma) e Olaf Scholz (Christopher Neundorf/Pool/IPA/Fotogramma)

Troppe regole e pochi investimenti: per Emmanuel Macron l’Ue corre un pericolo mortale, e forse è già tardi. In visita in Germania per la quarta volta quest’anno, il presidente francese intervenendo alla Conferenza sul dialogo globale di Berlino ha parlato del ruolo e della posizione dell’Unione in un mondo che ormai vede molteplici punti di crisi e molteplici punti di potere.

Dai conflitti in Ucraina e Medio Oriente alle guerre dei dazi con Cina e potenzialmente con Stati Uniti, dagli shock energetici alla necessità di innovare fino alla competitività, secondo il titolare dell’Eliseo l’Europa ha 2-3 anni ancora prima di finire fuori dal mercato – e da ogni possibilità di reale influenza sullo scacchiere planetario.

“Se non agiamo saremo fuori dal mercato, non ho dubbi”

“Stiamo regolamentando eccessivamente e investendo poco. Se nei prossimi due o tre anni seguiremo la nostra agenda classica, saremo fuori dal mercato, non ho dubbi. Il nostro modello precedente è finito, non è una questione di aggiustamenti”, ha detto in un panel moderato da Stephanie Flanders di Bloomberg durante il Berlin Global Dialogue.

In un contesto geopolitico del genere, per Macron l’Europa deve risolvere la frammentazione e unirsi ancora di più, a partire dal mercato unico: “Penso che ciò che dobbiamo realizzare nei prossimi 2 o 3 anni sia l’Unione dei mercati dei capitali”.

Ma su questo, come su diversi altri temi, Francia e Germania sono su posizioni alquanto diverse e per l’Europa il fatto che i due Paesi, che hanno storicamente svolto un ruolo trainante nell’integrazione e nel progetto europeo, non siano d’accordo non è un segnale rassicurante.

Posizioni diverse: i dazi sulle auto elettriche cinesi

Ad esempio sui dazi Francia e Germania si trovano su sponde opposte, come dimostra il voto di oggi 4 ottobre sull’introduzione di tariffe fino al 45% sui veicoli elettrici cinesi: Parigi ha votato a favore, Berlino contro.

Il settore automotive in Germania, pilastro fondamentale e motivo d’orgoglio dell’industria nazionale, sta attraversando un momento di crisi importante e la pressione delle case automobilistiche per votare contro ulteriori dazi sulle importazioni è andata a buon fine. La preoccupazione è che introdurre dazi di tale portata possa portare a ritorsioni altrettanto significative, che andrebbero a tradursi nella classica ‘zappa sui piedi’.

Il nodo del debito comune

Tornando a Macron, le sue parole durante il Berlin Global Dialogue sembrano riecheggiare quelle di Mario Draghi che, presentando un mese fa il suo Rapporto sulla competitività, ha detto chiaro e tondo che “se l’Ue non agisce, sarà una lenta agonia”. Per il francese l’agonia non sarebbe poi così lenta, solo 2-3 anni, ma entrambi concordano sul fatto che la crisi è già in atto e che occorre agire: subito e radicalmente.

Draghi nel suo rapporto ha parlato anche della necessità di finanziare gli ingentissimi investimenti necessari attraverso il debito comune e una maggiore integrazione; Macron è favorevole ma sa che Berlino non lo è, e quando la giornalista gli ha fatto notare che su questo punto già una volta è riuscito a convincere i tedeschi, Il leader francese ha riso e ha detto che in quel caso era stato aiutato da “un collega chiamato Covid-19”.

Intanto la Germania ha già detto chiaramente “no”, attraverso le parole del ministro delle Finanze Christian Lindner: un maggiore indebitamento comune creerebbe problemi democratici e fiscali, con il rischio di minare la sovranità fiscale dei singoli Stati membri. E Berlino non intende accettarlo.

Due leader in crisi

Insomma, i due leader attualmente sono distanti su molte posizioni, non ultima quella relativa ai colloqui per un su un importante accordo commerciale tra l’Ue e il Mercosur (Argentina, Brasile, Paraguay e Uruguay): Scholz vuole chiudere rapidamente, Macron ritiene che l’accordo svantaggerebbe le aziende e gli agricoltori europei.

I due però sono accomunati quanto meno da una cosa: stanno attraversando entrambi momenti burrascosi. Scholz è al minimo del suo gradimento, tanto che la sua ri-candidatura al cancellierato alle legislative del prossimo anno è in bilico. Si è salvato, almeno per ora, grazie alla vittoria dei socialdemocratici alle elezioni in Brandeburgo il 22 settembre, peraltro ottenuta soprattutto grazie alla grande popolarità del premier Spd Dietmar Woidke.

Macron anche è solo momentaneamente uscito da un periodo a dir poco turbolento, dopo le elezioni lampo indette per lo scorso luglio dopo la grave batosta subita alle elezioni europee e la complicatissima formazione del governo che è seguita ai risultati del voto. Ora il governo c’è, ma è appeso alla nemica per eccellenza del presidente, Marine Le Pen, il cui partito di estrema destra Rassemblement National è di fatto l’ago della bilancia all’Assemblea Nazionale.

Insomma, nemmeno per lui la situazione è rosea, e anche lui, come Scholz, guarda con preoccupazione alle prossime presidenziali, previste nel 2027.

Come l’Europa, entrambi rischiano un po’ di ‘morire’ – politicamente parlando.

Gli ultimi articoli