Il “piano di pace” di Orbán parte da due punti fermi: Trump vincerà le elezioni, Trump ha una strategia definita per porre fine alla guerra in Ucraina. Il timore dell’Ue è che quello del presidente ungherese sia un piano per una resa incondizionata del Paese aggredito e invaso da Putin, più che un piano di pace.
Il rapporto è lungo due pagine, contiene dieci punti ed è stato firmato il 12 luglio, verosimilmente il giorno in cui è stato inviato al presidente del Consiglio Europeo Charles Michel, che poi lo ha condiviso con i leader degli gli Stati membri.
Trump il pacificatore, l’Ue rischia
Orbán, da luglio presidente di turno del Consiglio Ue, chiede a Bruxelles di non ignorare il piano di Trump che nel frattempo ha annunciato la nomina di J.D. Vance in caso di elezione. Già a inizio anno, il senatore repubblicano si era espresso in maniera chiara sulla guerra in Ucraina: “L’America non può firmare assegni in bianco indefinitamente”.
Nella sua lettera ai leader Ue, Orbán invita l’Ue a riaprire le “linee di comunicazione diplomatica dirette” con la Russia e avviare “colloqui di alto livello” con la Cina nel caso di una “probabile” vittoria di Trump alle presidenziali Usa.
Dunque, Trump sarebbe un “uomo di pace” che “subito dopo la sua vittoria elettorale, sarà pronto ad agire immediatamente come mediatore: ha piani dettagliati e ben fondati”, scrive Orbán che ha incontrato il tycoon in Florida.
A tratti il piano del leader ungherese assume un tono velatamente minatorio: “È necessario avviare una discussione all’interno dell’Ue per capire se proseguire la politica mutuata dagli Usa sarà razionale in futuro”. E ancora: “Nel caso di una probabile vittoria di Trump la proporzione del peso finanziario fra gli Usa e l’Ue cambierà significativamente a svantaggio dell’Ue sul fronte degli aiuti all’Ucraina […] L’intensità del conflitto militare aumenterà radicalmente nel prossimo futuro”, scrive Orbán dopo i suoi colloqui con Zalensky, Putin e Xi.
Il leader di Fidesz ha iniziato il “tour della pace” subito dopo l’inizio della sua presidenza di turno del Consiglio Ue, facendo innervosire i rappresentanti delle istituzioni europee, da cui non aveva ricevuto alcun mandato. Per questo, la Commissione europea non invierà commissari specializzati alle riunioni informali organizzate dalla presidenza ungherese dell’Ue, come ha fatto sapere il portavoce dell’esecutivo europeo Eric Marmer su X.
Una “punizione” che ha il sapore di un boicottaggio del Consiglio europeo informale di novembre che avrà luogo a Budapest e che avrebbe dovuto essere presieduto da un ministro ungherese. Si consolida quindi la strategia dei “Quite quitters” di non inviare a Budapest i pezzi grossi della politica in occasione delle discussioni del Consiglio presieduto dall’Ungheria, sostituendo queste figure con dei burocrati.
Il piano di Orbán ricorda in alcuni punti il documento di due analisti dell’American First Policy Institute, dati come futuri consiglieri per la sicurezza nazionale di Trump. Kellogg e Fleitz propongono di continuare a dare armi a Kiev a patto che Zelensky si sieda al tavolo con Putin.
Usa e Ue “isolati”, Michel non ci sta
Dunque, meglio prevenire che curare. Meglio puntare sui negoziati, che continuare un percorso che, scrive Orbán, ha “isolato” Usa e Ue sullo scacchiere globale. Un’accusa che il presidente del Consiglio Charles Michel rispedisce al mittente: “Non posso accettare le tue affermazioni secondo cui l’Ue ‘ha condotto una politica favorevole’ alla guerra: è l’opposto. La Russia è l’aggressore e l’Ucraina la vittima che esercita il suo legittimo diritto all’autodifesa”, scrive in una lettera inviata ai leader Ue.
Perché Zelensky “apre” alla Russia?
Intanto, le presidenziali americane si avvicinano e l’attentato a Trump sembra spianare una strada già in discesa per il candidato repubblicano. Una conferma arriverebbe dallo stesso Zelensky che ha “aperto” alla Russia, auspicando la sua presenza alla seconda conferenza di pace, prevista proprio per novembre, il mese delle presidenziali Usa.
Per la prima volta, il presidente ucraino ha “invitato” quello russo senza chiedere che le truppe di Putin lascino i territori occupati. Sullo sfondo, il timore che la (molto) probabile vittoria di Trump metta la parola fine agli aiuti militari degli Usa, consegnando l’Ucraina all’invasore.
Nonostante le tensioni tra i leader europei e Orbán, l’aria sta cambiando. E l’Occidente lo sa.