La Cina ricorre al Wto contro i dazi europei alle auto elettriche

Il voto sui dazi si avvicina e la decisione sembra essere stata presa: ma quale sarà il punto di equilibrio tra interessi dell’Ue e quelli cinesi è ancora in dubbio
2 mesi fa
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Veicoli Elettrici Cina

La Cina ricorre all’Organizzazione mondiale del commercio (Wto) nel mezzo della disputa per i dazi provvisori decisi i primi di luglio dall’Ue sulle importazioni di veicoli elettrici cinesi. A renderlo noto è il Ministero del Commercio del gigante asiatico, secondo il quale la Cina “si è rivolta al meccanismo di risoluzione delle controversie del Wto”, riporta l’agenzia ufficiale Xinhua.

Per Pechino, la decisione dell’Ue “è priva di basi concrete e legali, costituisce una violazione grave delle norme del Wto e compromette la cooperazione a livello globale nella lotta ai cambiamenti climatici”. Il Dragone chiede all’Ue di fare marcia indietro, di “correggere immediatamente le sue pratiche sbagliare e lavorare per proteggere la stabilità della cooperazione economica e commerciale”.

L’Unione europea è ancora pronta a imporre i dazi?

Valdis Dombrovskis, commissario europeo per il commercio, ha dichiarato che i 27 Paesi dell’Ue, spesso divisi su questioni riguardanti la Cina, appoggeranno le misure destinate a proteggere l’industria automobilistica europea dalla concorrenza delle importazioni sovvenzionate da Pechino. Questo, però, prima che la Cina si rivolgesse alla Wto.

“La necessità di proteggere l’industria automobilistica dell’Ue è evidente, data la rapida crescita della quota di mercato dei veicoli elettrici cinesi. Le sovvenzioni cinesi sono una realtà,” ha affermato Dombrovskis in un’intervista al Financial Times. “È un problema che deve essere affrontato”, ha aggiunto.

Reazione della Cina e prospettive future

La reazione della Cina ai dazi era stata immediata. Il ministro del Commercio cinese Wang Wentao aveva proposto colloqui con la Commissione europea responsabile della politica commerciale. I negoziati, però, fino ad oggi, sono stati di natura tecnica, cioè hanno riguardato la metodologia con la quale ricercare una soluzione piuttosto che crearne una.

Già a giugno Pechino aveva detto di riservarsi “il diritto di presentare una denuncia al Wto” e minacciato di adottare “tutte le misure necessarie per difendere con decisione i diritti legittimi e gli interessi delle aziende cinesi”. Cosa accadrà adesso?

A fine ottobre, gli Stati membri dell’Ue dovranno votare sulla proposta che, se approvata, entrerà in vigore a novembre. Tra chi meno sostiene questa misura c’è ad esempio la Germania che ha pubblicamente criticato i dazi, e si è astenuta durante una votazione consultiva in luglio. Nello specifico, Belgio, Danimarca, Francia, Grecia, Irlanda, Italia, Lettonia, Lituania, Paesi Bassi, Polonia, Repubblica Ceca, Spagna (Grecia e Repubblica Ceca non hanno preso parte al voto ma sono stati conteggiati tra i sì), sono tra i Paesi a favore. Si sono invece astenuti Austria, Bulgaria, Croazia, Estonia, Finlandia, Germania, Lussemburgo, Portogallo, Romania, Slovenia e Svezia, mentre hanno votato contro Cipro, Malta, Slovacchia e Ungheria. Per bloccare i dazi, sono necessari i voti di 15 Paesi che rappresentino il 65% della popolazione dell’UE.

Timori delle case automobilistiche e risposta dell’UE

Dombrovskis ha sottolineato l’apertura dell’UE a una soluzione reciprocamente accettabile, purché la Cina modifichi la sua politica industriale, che privilegia i beni interni rispetto alle importazioni tramite sovvenzioni.

“Il mercato dell’UE rimane più aperto ai beni e alle aziende cinesi rispetto a quanto il mercato cinese non lo sia per l’UE – ha continuato Dombrovskis -. Per questo motivo, poniamo grande enfasi nelle nostre discussioni con i nostri omologhi cinesi per affrontare queste barriere di accesso al mercato e garantire un commercio più reciproco”.

Dombrovskis ha poi evidenziato che le politiche e le pratiche non di mercato della Cina hanno contribuito a un surplus commerciale di beni con l’UE pari a 293 miliardi di euro nel 2023.

L’Impatto sul mercato dei veicoli elettrici

La quota di mercato dei marchi cinesi nel mercato europeo dei veicoli elettrici, inclusi Regno Unito e Norvegia, è aumentata all’11% a giugno 2024, rispetto al 9% dell’anno precedente, secondo i dati forniti da Dataforce.

Nonostante le critiche che sostengono che l’UE abbia bisogno di veicoli elettrici a basso costo per raggiungere i suoi obiettivi climatici, Dombrovskis ha ribadito che i dazi, che varieranno in media del 20,8%, non chiuderanno il mercato alle importazioni cinesi, ma livelleranno il campo di gioco.

Le aziende cinesi, dal canto loro, hanno iniziato ad aprire impianti nell’UE per evitare i dazi. Tuttavia, Dombrovskis ha avvertito che tali mosse saranno efficaci solo se rispetteranno i requisiti di origine, cioè che creino un valore minimo all’UE.

Inoltre, l’UE potrebbe applicare regole anti-elusione contro le aziende che tentano di aggirare i dazi attraverso operazioni di assemblaggio superficiali. Queste operazioni coinvolgono, appunto, l’assemblaggio di componenti già pronti, piuttosto che una produzione completa del prodotto in UE.

L’idea è che, se una azienda cinese stabilisce un impianto in uno Stato membro solo per assemblare veicoli utilizzando parti importate dalla Cina, questo potrebbe essere considerato un tentativo di aggirare i dazi. In altre parole, l’assemblaggio non comporta una significativa aggiunta di valore o know-how locale.

Per contrastare questi tentativi, l’UE potrebbe applicare regole secondo le quali una parte significativa del valore del prodotto debba essere creata all’interno dell’Unione Europea.

“Quanto del valore aggiunto sarà creato nell’UE, quanto del know-how sarà nell’UE? Si tratta solo di un impianto di assemblaggio o di un impianto di produzione automobilistica?”, si chiede Dombrovskis. E con il voto decisivo in arrivo, sarà importante monitorare come si sviluppa la situazione e quale impatto avrà sull’industria automobilistica europea.