C’è una petizione per non far morire i videogiochi (ed è indirizzata agli europei)

Con "Stop Destroying Videogames", lo youtuber americano Ross Scott chiede all'Ue di impedire la "morte dei videogiochi"
4 mesi fa
2 minuti di lettura
giocatore di videogame

I videogiochi sono a rischio e per questo vanno tutelati. Muove da qui la petizione per salvare i videogame promossa dallo youtuber americano Ross Scott, già noto per la sua attenzione al patrimonio videoludico.

La sua iniziativa “Stop Destroying Videogames” ha già raccolto 155.000 firme da giocatori dei 27 Paesi membri e si propone di raggiungere un milione di firme. Ma da dove nasce il timore che spariscano i videogiochi? Paradossalmente dal progresso tecnologico. Con il rapido avanzamento della tecnologia, infatti, molti titoli diventano inutilizzabili quando i server e i negozi online chiudono, con le ovvie preoccupazioni dei miliardi di giocatori sparsi in tutto il mondo.

Cosa prevede la petizione

L’iniziativa di Ross Scott chiede che gli editori continuino a mantenere i giochi giocabili anche dopo la chiusura dei servizi online, attraverso misure come il rilascio di patch che permettano la giocabilità offline o la disponibilità di server alternativi. La petizione è accessibile solo ai cittadini dell’Unione Europea, perché è diretta ai responsabili politici dell’Ue. Insomma, lo youtuber americano chiede ai “cugini” europei di salvare i videogame.
Per sensibilizzare l’opinione pubblica, Scott (conosciuto come “Accursed Farms”) ha pubblicato un video intitolato “Gli europei possono salvare i videogame“, esortando i giocatori a sostenere la petizione.

Scott ha già intrapreso azioni legali contro Ubisoft dopo la chiusura del gioco di guida The Crew all’inizio del 2024. Questo passo è stato motivato dalla crescente preoccupazione riguardo alla pratica degli editori di interrompere il supporto per giochi che dipendono da server online.

I fondamenti legali dell’Ue

Il movimento “Stop Destroying Videogames” e la omonima petizione si basano su diverse normative dell’Ue, inclusa l’interpretazione dell’articolo 17, paragrafo 1, della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea dove si stabilisce che nessuno può essere privato dei propri beni senza un equo indennizzo.

E invece, come sottolinea Scott, i giocatori che hanno pagato per i loro videogame si trovano privati dei titoli a causa dello spegnimento di server o di altre cause su viste. Sulla base di questo assunto normativo, la petizione sottolinea che i giocatori dovrebbero poter continuare a usufruire dei giochi per cui hanno pagato senza che il supporto venga interrotto a discrezione degli editori. Inoltre, la petizione richiama l’attenzione su norme come la Direttiva sui diritti dei consumatori (2011/83/UE), che garantisce i diritti dei consumatori nell’Ue e potrebbe essere applicata per sostenere la causa.

L’impatto della petizione

La petizione ha il potenziale per innescare un cambiamento significativo nel settore dei videogiochi se dovesse raggiungere il traguardo di un milione di firme. L’obiettivo è spingere la Commissione Europea a rivedere le normative vigenti e a introdurre regolamenti che obblighino gli editori a garantire una maggiore durabilità dei videogiochi. La strada per ottenere il riconoscimento ufficiale è ancora lunga e richiede un impegno continuo da parte dei sostenitori. D’altra parte, un successo della petizione in Ue potrebbe influenzare le politiche a livello globale, portando a una maggiore tutela dei diritti dei consumatori e a una conservazione più efficace del patrimonio videoludico.

Non solo videogiochi

Il crescente interesse per la conservazione dei videogiochi riflette un problema più ampio legato alla preservazione della cultura digitale. Così come i titoli videoludici, anche altri oggetti digitali sono sempre più a rischio man mano che diventano più complessi e dipendenti dalla tecnologia. Dobbiamo aspettarci altre “Stop Destroying Videogames” in futuro?