Amazon alla prova del Digital Services Act: la Commissione Ue chiede informazioni sui ‘suggerimenti’

Le richieste, nell'ambito del Digital Services Act, riguardano la trasparenza dei servizi di ‘raccomandazione’ degli annunci, le norme sul mantenimento dell’archivio pubblicitario e la valutazione dei rischi
3 mesi fa
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Anche Amazon alla prova del Digital Services Act, la legge europea sui servizi digitali entrata in vigore lo scorso febbraio con l’obiettivo – assieme al Digital Markets Act – di creare uno spazio digitale più sicuro in cui siano tutelati i diritti fondamentali degli utenti di tali servizi (che vengono intesi in senso molto ampio).

La Commissione europea infatti ha inviato al colosso americano una richiesta di informazioni sulle misure adottate per conformarsi al DSA. In quanto ‘piattaforma online di dimensioni molto grandi (very large online platforms)’, ovvero che ha oltre 45 milioni di utenti nell’Ue, il gigante dell’e-commerce deve adempiere ai requisiti e agli obblighi più severi previsti dal DSA.

Nello specifico, le informazioni chieste dalla Commissione riguardano la trasparenza e i parametri che regolano i servizi di ‘raccomandazione’ degli annunci, oltre alle norme sul mantenimento dell’archivio di annunci e alla relazione sulla valutazione dei rischi.

I punti da chiarire: trasparenza e archivio pubblicitario

Due i punti su cui la Commissione vuole vederci chiaro:

il primo è il sistema dei suggerimenti di Amazon, compresi i fattori di input, le caratteristiche, i segnali, le informazioni applicati a tali sistemi e le opzioni offerte agli utenti per scegliere di non essere profilati dagli algoritmi. Si tratta dunque di una questione di trasparenza.

Il secondo punto riguarda l’Amazon Store Ad Library: l’azienda deve fornire maggiori informazioni sulla progettazione, lo sviluppo, la distribuzione, il collaudo e la manutenzione dell’interfaccia online della libreria di annunci e sui documenti relativi alla valutazione dei rischi.

Ricordiamo che Amazon aveva cercato di sospendere l’obbligo di rendere pubblico il suo archivio di annunci pubblicitari presso la Corte di giustizia dell’Ue, e che la Corte gli ha dato torto il 27 marzo.

A questo punto Amazon entro il 26 luglio dovrà fornire dei chiarimenti in merito a questi due fronti. Dopodiché, la Commissione valuterà i passi successivi in base alle risposte fornite dall’azienda, che ha fatto sapere che sta lavorando a stretto contatto con l’organo esecutivo europeo.

Anche Temu e Shein sotto supervisione

La richiesta della Commissione si aggiunge ad altre, recentissime, sempre nel solco del DSA e del DMA e che hanno visto – e stanno vedendo – protagoniste le big tech USA e cinesi. Anche le piattaforme di e-commerce Temu e Shein infatti sono state attenzionate, sia nel quadro delle norme sulla concorrenza (DMA) che in quelle del DSA.

La commissione il primo luglio ha chiesto anche ai due noti marketplace, entrambi designati ‘very large online platforms’, informazioni sulle misure adottate per ottemperare agli obblighi del DSA relativi al ‘meccanismo di notifica e azione’ – che consente agli utenti di segnalare prodotti illegali -, alle interfacce online – che dovrebbero essere progettate in modo da non ingannare o manipolare gli utenti tramite i ‘dark pattern’-, alla tutela dei minori, alla trasparenza dei sistemi di raccomandazione, alla tracciabilità dei commercianti e alla conformità fin dalla progettazione.

Una richiesta, tra l’altro, nata anche da una denuncia presentata dalle organizzazioni dei consumatori.

Temu e Shein hanno tempo fino al 12 luglio per rispondere, dopodiché anche in questo caso la Commissione valuterà le fasi seguenti tra cui, potenzialmente, l’avvio di un procedimento ai sensi dell’articolo 66 del DSA.

Cosa rischia Amazon

Amazon è tenuta a rispettare tutti gli obblighi previsti dalla legge sui servizi digitali, compresi, spiega la Commissione in una nota, “l’identificazione e la valutazione diligente di tutti i rischi sistemici rilevanti per il suo servizio, la fornitura di un’opzione nei loro sistemi di raccomandazione che non si basa sulla profilazione degli utenti e la disponibilità al pubblico di un archivio pubblicitario pubblico”.

La Commissione può infliggere ammende per informazioni inesatte, incomplete o fuorvianti, e in caso di mancata risposta può presentare un’altra richiesta, formale. Se neanche in questo caso ci fosse esito, l’organo europeo potrebbe infliggere sanzioni per reiterazione dell’inadempimento.

Nel caso venisse aperto formalmente un procedimento ai sensi della legge sui servizi digitali, Amazon rischia una multa fino al 6% del suo fatturato annuo globale. Per avere un ordine di grandezza, teniamo presente che l’azienda nel 2023 ha dichiarato un fatturato netto di oltre 530 miliardi di euro.