La partita sull’accordo Ue-Mercosur entra in una fase operativa mentre le istituzioni europee cercano di blindare il capitolo più esposto: l’impatto delle importazioni agricole sul mercato interno. Il Parlamento europeo ha dato il via libera alla propria posizione negoziale sulle clausole di salvaguardia, approvando un testo che ridefinisce soglie, tempi e condizioni per sospendere temporaneamente le preferenze tariffarie su prodotti considerati sensibili. Il voto arriva alla vigilia di un passaggio politico decisivo, con la firma dell’accordo annunciata ma ancora priva di una copertura pienamente condivisa tra i governi.
Il risultato di Strasburgo non chiude il dossier, ma ne modifica l’assetto. Le salvaguardie diventano il perno attorno a cui ruotano le prossime decisioni: al Consiglio, dove resta aperto il confronto tra Stati membri favorevoli e contrari, e nei negoziati interistituzionali che si aprono ora sulla forma finale della legislazione. In gioco non c’è solo il destino di un trattato commerciale negoziato per oltre vent’anni, ma l’equilibrio tra apertura dei mercati, tutela dei settori agricoli europei e capacità dell’Unione di applicare controlli rapidi e credibili.
Le clausole di salvaguardia
Il Parlamento europeo ha adottato la propria posizione negoziale con 431 voti favorevoli, 161 contrari e 70 astensioni, sostenendo l’introduzione di una clausola di salvaguardia bilaterale destinata a operare nel quadro dell’accordo Ue-Mercosur. Il meccanismo consente all’Unione di sospendere temporaneamente le preferenze tariffarie su specifici prodotti agricoli qualora l’aumento delle importazioni venga ritenuto dannoso per i produttori europei. Il testo approvato interviene su due elementi centrali: le soglie di attivazione e la durata delle indagini preliminari affidate alla Commissione.
Secondo la posizione dell’Eurocamera, l’esecutivo Ue dovrebbe avviare un’indagine quando le importazioni di prodotti agricoli sensibili registrano un aumento medio del 5% su un periodo di tre anni, abbassando in modo significativo la soglia rispetto al 10% annuo previsto nella proposta iniziale della Commissione. Parallelamente, i deputati chiedono un’accelerazione delle procedure: tre mesi per le indagini ordinarie e due mesi per quelle relative ai prodotti sensibili, contro i sei e quattro mesi originariamente previsti. L’obiettivo dichiarato è ridurre il divario temporale tra l’emergere di una criticità sul mercato e l’eventuale attivazione delle misure correttive.
Nel testo entra anche un riferimento esplicito alla reciprocità normativa. I deputati propongono che la Commissione sia tenuta ad avviare un’indagine e, se necessario, a introdurre misure di salvaguardia qualora emergano prove credibili del mancato rispetto, da parte delle importazioni che beneficiano delle preferenze tariffarie, di requisiti equivalenti a quelli applicabili ai produttori dell’Ue in materia di ambiente, benessere animale, salute, sicurezza alimentare e tutela del lavoro. Si tratta di un punto che sposta il baricentro del dibattito dal solo volume degli scambi alla conformità delle condizioni di produzione.
Il relatore permanente del Parlamento per il Mercosur, Gabriel Mato, ha definito il pacchetto di misure un compromesso “solido ed equilibrato”, sottolineando che rafforza la protezione degli agricoltori europei e rende più affidabile il quadro di attuazione del regolamento. Sulla stessa linea, il presidente della commissione Commercio internazionale, Bernd Lange, ha collegato il voto all’impegno dell’istituzione a intervenire in caso di effetti negativi sul settore agricolo, indicando il rafforzamento del monitoraggio come passaggio necessario per procedere verso la firma e la ratifica dell’accordo.
Il passaggio al Consiglio
Il voto di Strasburgo non esaurisce il percorso decisionale. L’accordo Ue-Mercosur resta subordinato al via libera degli Stati membri, secondo le regole della maggioranza qualificata previste dai Trattati. Per l’adozione è necessario il sostegno di almeno il 55% dei Paesi, rappresentativi di almeno il 65% della popolazione dell’Unione; una minoranza di blocco richiede almeno quattro Stati membri che superino complessivamente il 35% della popolazione, più un ulteriore Paese. È su questa soglia che si misura il peso politico dei governi contrari.
In questo contesto, la Francia ha chiesto formalmente il rinvio della decisione sulla firma dell’accordo, sostenendo che le condizioni poste a suo tempo alla Commissione non siano state soddisfatte. Parigi insiste su tre punti: l’operatività effettiva della clausola di salvaguardia, l’introduzione di clausole di reciprocità sui requisiti di produzione e un sistema di controlli che consenta verifiche sia nei Paesi esportatori sia nei punti di ingresso nel mercato europeo. Il ministro delegato agli Affari europei Benjamin Haddad ha richiamato la necessità per l’Unione di dotarsi di strumenti di protezione dei mercati interni, collegando il dossier Mercosur a un’impostazione più ampia della politica commerciale europea.
Il rafforzamento delle salvaguardie votato dal Parlamento risponde in parte a queste richieste, ma non scioglie il nodo politico al Consiglio. Alcuni governi ritengono che le misure proposte rappresentino un adeguamento sufficiente per procedere, altri continuano a sollevare dubbi sulla capacità di applicazione concreta delle regole e sull’impatto potenziale sui comparti agricoli più esposti, in particolare quello della carne bovina. La possibilità di un rinvio della firma, ipotizzata da diversi esponenti governativi, resta sul tavolo mentre proseguono le consultazioni tra capitali e Commissione.
Il calendario contribuisce a comprimere le scelte. I negoziati interistituzionali sulle clausole di salvaguardia iniziano il 17 dicembre, mentre la firma dell’accordo è stata indicata come possibile entro la fine del mese. Senza una convergenza politica al Consiglio, tuttavia, la Commissione non dispone del mandato necessario per procedere. Il voto parlamentare fornisce un elemento negoziale aggiuntivo, ma non sostituisce la decisione degli Stati membri.
Il ruolo dell’Italia tra pressioni incrociate e peso negoziale
Nel confronto al Consiglio, la posizione dell’Italia assume un rilievo particolare. Roma è considerata uno degli attori in grado di spostare l’equilibrio complessivo, sia in termini di popolazione rappresentata sia per il valore politico attribuito alla sua scelta. La Germania ha esplicitamente richiamato il sostegno italiano come elemento necessario per finalizzare l’accordo, inquadrando il Mercosur come iniziativa strategica in un contesto geoeconomico complesso.
Sul piano interno, il dibattito è fortemente segnato dalle prese di posizione del settore agricolo. Coldiretti, principale organizzazione degli imprenditori agricoli in Italia, ha espresso un’opposizione netta all’accordo, collegando il dossier Mercosur alle discussioni sul futuro della Politica agricola comune e ai tagli prospettati al bilancio. L’organizzazione contesta l’assenza di obblighi stringenti sull’etichettatura d’origine e sulle condizioni di produzione dei beni importati, sostenendo che l’attuale impostazione dell’accordo esponga il mercato europeo a concorrenza basata su standard non equivalenti.
Le dichiarazioni diffuse nelle ore precedenti al voto parlamentare collocano la questione su un piano più ampio, che riguarda la sovranità alimentare e la capacità dell’Unione di garantire parità di condizioni ai propri produttori. In questo quadro si inserisce anche l’annuncio di una mobilitazione a Bruxelles, programmata nei giorni immediatamente successivi, che contribuisce a mantenere alta la pressione politica durante le fasi finali del negoziato.
Il governo italiano non ha ancora chiarito in modo definitivo la propria posizione. Da un lato, la firma dell’accordo viene letta come segnale di affidabilità europea e di sostegno a una strategia commerciale aperta; dall’altro, il costo politico interno di un sì resta elevato, soprattutto in assenza di garanzie percepite come sufficienti dagli operatori agricoli. Il rafforzamento delle clausole di salvaguardia offre un argomento aggiuntivo a chi cerca una mediazione, ma non elimina le divergenze di fondo sul modello di apertura commerciale perseguito dall’Unione.
Perché l’agricoltura resta il punto di attrito
L’accordo Ue-Mercosur è concepito come un trattato di libero scambio che prevede la riduzione o l’eliminazione dei dazi su oltre il 90% dei prodotti scambiati tra le due aree. Per le imprese europee, il beneficio principale riguarda l’accesso ai mercati sudamericani per beni industriali oggi soggetti a tariffe elevate, come automobili, macchinari, prodotti chimici e farmaceutici. Per i Paesi del Mercosur, l’intesa apre in modo più ampio il mercato europeo ai prodotti agricoli, attraverso quote a dazio ridotto per carne bovina e avicola, zucchero, riso ed etanolo.
I dati della Commissione europea inquadrano il peso economico del dossier. Nel 2024 l’Unione è stata il secondo partner commerciale del Mercosur per gli scambi di beni, con esportazioni pari a 57 miliardi di euro. Sul fronte dei servizi, l’Ue rappresenta circa un quarto del commercio totale del blocco sudamericano, con esportazioni europee verso la regione pari a 29 miliardi di euro nel 2023. A questi flussi si aggiunge uno stock di investimenti europei nell’area che supera i 390 miliardi di euro, elemento spesso richiamato per sottolineare la dimensione strategica dell’accordo.
È proprio la composizione di questi scambi a spiegare perché il capitolo agricolo concentri la maggior parte delle tensioni. Le quote previste per i prodotti sensibili sono state definite “attentamente calibrate” dalla Commissione, ma il timore di effetti cumulativi sul mercato interno resta al centro delle discussioni. Le clausole di salvaguardia approvate dal Parlamento sono pensate per intervenire su questo punto, offrendo uno strumento di sospensione temporanea che possa essere attivato in presenza di squilibri.
Il percorso che attende l’accordo resta articolato. Le clausole di salvaguardia bilaterali faranno parte sia dell’Accordo di associazione Ue-Mercosur sia dell’Accordo commerciale interinale. Entrambi i testi dovranno essere firmati e successivamente ratificati: l’accordo commerciale richiede il voto di assenso del Parlamento europeo, mentre quello di partenariato necessita anche della ratifica dei Parlamenti nazionali degli Stati membri. Il passaggio di Strasburgo rappresenta un tassello rilevante, ma il confronto politico tra capitali e istituzioni europee resta aperto, con l’agricoltura al centro di una discussione che continua a definire i confini dell’apertura commerciale dell’Unione.
