Il 48% degli europei percepisce il presidente statunitense Donald Trump come un nemico dell’Europa. Un’altrettanta metà (il 51%) giudica come “elevato” il rischio di una guerra aperta con la Russia nei prossimi anni. Quasi sette su dieci (il 69%) ritengono che il proprio Paese non sarebbe in grado di difendersi militarmente di fronte a un’aggressione russa. È questo quando emerge dall’ultima indagine di “Eurobazooka,” condotta da Cluster 17 per Le Grand Continent, la quale svela un continente profondamente consapevole delle proprie vulnerabilità in un momento storico di grande tensione.
L’indagine, realizzata tra il 22 e il 28 novembre su un campione di 9.553 persone in nove Paesi europei, dipinge un quadro di grande ansia geopolitica, affiancata da profonde fratture sociali interne.
L’attaccamento all’Ue resiste, ma la Francia è l’”anello debole”
Nonostante le molteplici minacce esterne, l’appartenenza all’Unione europea rimane un pilastro saldo: il 74% degli intervistati desidera che il proprio Paese resti nel blocco dei 27 Stati membri, contro un 19% che preferirebbe uscirne. Tuttavia, la solidità di questo legame varia significativamente da Paese a Paese.
La Francia, ad esempio, è lo Stato in cui il desiderio di appartenenza è il più debole. Qui, oltre un quarto della popolazione (il 27%) vorrebbe uscire dall’Ue, e l’Italia si distingue per essere l’unico paese tra quelli fondatori ad avere un rapporto sulla moneta unica più diviso (50% favorevoli al mantenimento dell’euro contro il 48% che preferirebbe una moneta nazionale).
La percezione diffusa che la Brexit sia stata un fallimento (il 63% degli intervistati lo giudica negativo per il Regno Unito) serve da deterrente, ma non dissuade completamente, lasciando spazi a un potenziale euroscetticismo in nazioni come Polonia, Croazia e Francia.
Il ritorno della guerra e il dubbio militare
Il ritorno della guerra come orizzonte plausibile è una delle principali preoccupazioni del continente. La Russia è considerata la minaccia statale più preoccupante nell’opinione pubblica europea, con il 51% degli europei che giudica il rischio di un conflitto aperto come “elevato”. Questa paura è particolarmente accentuata in Polonia, Paese di confine, dove la percentuale sale al 77%. Tuttavia, il sentimento di insicurezza non si limita al fronte orientale. La minaccia più immediata percepita dagli europei è il terrorismo, giudicato a rischio “elevato” dal 63% dei rispondenti, superando la preoccupazione per la Russia. La Francia, in particolare, si distingue con un livello di allarme eccezionalmente alto: l’86% ritiene elevato il rischio di guerra aperta con organizzazioni terroristiche.
Questa paura si scontra con una profonda sfiducia nelle capacità militari nazionali. Il 69% degli europei non crede che il proprio Paese sarebbe in grado di difendersi da un’aggressione russa. Paesi come Portogallo, Italia e Belgio vedono questa percentuale superare l’80%. Perfino in Francia la maggioranza rimane contraria (51%) a questa capacità. Questa combinazione di pericolo e debolezza nazionale percepiti crea un “fallimento strategico centrale”.
La richiesta di autonomia strategica
Di fronte alle crescenti rivalità tra potenze, gli europei rifiutano di essere costretti a scegliere un campo: il 55% considera preferibile mantenere la stessa distanza da Stati Uniti e Cina. In totale, il 71% degli intervistati sostiene una posizione di autonomia o di non allineamento, contrapposto al 20% che vorrebbe un allineamento prioritario con gli Stati Uniti contro la Cina. Questa volontà di autonomia si manifesta chiaramente anche nel giudizio sugli Stati Uniti.
L’indagine rileva un netto deterioramento dell’immagine di Donald Trump, percepito come un “nemico dell’Europa” dalla quasi maggioranza degli intervistati (48%). Nonostante questo giudizio duro sul leader, gli europei non cercano una rottura strategica con Washington. Al contrario, quando viene chiesto quale atteggiamento l’Ue dovrebbe adottare nei confronti del governo statunitense, prevale l’opzione del compromesso (48%), mentre solo il 33% opta per l’opposizione. Gli europei sembrano distinguere l’uomo dalla potenza, prendendo le distanze dal “trumpismo” ma mantenendo la relazione transatlantica come un imperativo strategico, soprattutto in considerazione della minaccia russa e della debolezza militare percepita.
Le fratture interne: immigrazione e antisemitismo
Il barometro evidenzia che l’Europa è attraversata anche da profonde tensioni interne. La questione migratoria è una delle principali fratture: il 46% degli europei la percepisce come una minaccia per la coesione nazionale, contro il 33% che la vede come una necessità per compensare l’invecchiamento demografico. Mentre nei paesi del Nord e dell’Est la percezione di minaccia è dominante (61% in Polonia, 60% in Belgio), i Paesi del Sud come Spagna, Portogallo e Italia tendono a vedere l’immigrazione maggiormente come una necessità.
A questa frattura si aggiunge un forte allarme sull’antisemitismo: il 61% degli europei ritiene che l’antisemitismo sia in aumento nel proprio Paese. Questa percezione è particolarmente elevata in Europa occidentale, con la Francia in testa (73%).
Infine, la questione relativa alla crisi climatica non è consensuale, con il 43% dei rispondenti che si dichiara d’accordo sul fatto che il cambiamento climatico sia “esagerato o strumentalizzato“.
Il pilastro della civiltà come forza nazionale
Nonostante l’accumulo di ansie e divisioni, l’indagine si conclude con una nota su ciò che gli europei considerano i punti di forza dei loro Paesi. Essi non definiscono la loro nazione principalmente attraverso la performance economica (citata solo dal 12% in media) o l’innovazione, ma attraverso risorse di civiltà, storia e qualità della vita. A livello continentale, la cultura e il patrimonio storico (42%) e i paesaggi/natura (39%) sono i punti di forza più citati. Il sistema sanitario (21%) e la qualità della vita (27%) emergono come pilastri della fierezza nazionale, sottolineando come l’identità europea sia profondamente legata alla storia, al territorio e al benessere quotidiano, elementi che gli europei sentono oggi esposti alle crescenti vulnerabilità.
