“Non è questione di confini, ma di business”: cosa vogliono gli Usa dalla pace in Ucraina (e la Russia è d’accordo)

Un’inchiesta del Wall Street Journal rivela l’approccio affaristico della negoziazione da parte americana e russa, e l’indifferenza dei primi verso i nodi profondi che hanno portato al conflitto
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Putin Trump Telefono Afp
Vladimir Putin e Donald Trump (Afp)

Non è una questione di confini, ma di affari. Dal ritorno alla Casa Bianca di Donald Trump si è molto parlato del suo approccio transazionale a qualsiasi cosa, compresa – e soprattutto – la politica internazionale. E ciò che in questi giorni sta trapelando dai negoziati per raggiungere la pace in Ucraina, mai così promettenti, evidenzia proprio l’orientamento al business di Washington, che trova terreno fertile a Mosca e viceversa. La scorsa settimana Bloomberg ha pubblicato degli audio di alto livello tra le due amministrazioni, uno dei quali tra l’inviato speciale Usa Steve Witkoff e lo stretto consigliere di Putin Jurij Ushakov, dai quali è emersa la parzialità del primo e la sua indifferenza verso i territori e le persone che ci abitano. Poi venerdì il Wall Street Journal ha pubblicato un’inchiesta che racconta i molteplici legami economici che si stanno instaurando tra le due potenze una volta rivali, per le quali la pace diventa un’opportunità di fare soldi.

Gli interessi economici come “baluardo contro futuri conflitti”

Secondo il quotidiano newyorchese, Witkoff, Kirill Dmitriev, capo del fondo sovrano russo e negoziatore selezionato da Putin (nonché principale artefice del piano in 28 punti presentato dagli Usa due settimane fa, ampiamente criticato per essere fortemente a favore di Mosca) e il genero di Trump, Jared Kushner, si sono incontrati a ottobre nella tenuta del primo a Miami per discutere sì di pace, ma arrivandoci per ben altre vie che quella di capire i nodi profondi che hanno portato al conflitto.

La Russia ha così tante vaste risorse, vaste distese di terra”, ha detto Witkoff al Wall Street Journal, aggiungendo che se Russia, Ucraina e America diventassero partner commerciali, “se tutti prosperano e ne fanno tutti parte, e c’è un vantaggio per tutti, questo sarà naturalmente un baluardo contro i conflitti futuri lì. Perché tutti sono fiorenti”.

Dunque per Witkoff, che è anche colui che sta portando avanti l’azione diplomatica sui generis americana, in maniera molto pragmatica è l’interesse economico quello che può dare un terreno comune a Kiev e Mosca: insieme negli affari, non avrebbero motivo per farsi la guerra. La stessa Mosca, riporta il Journal, avrebbe sventolato davanti agli occhi americani le possibilità affaristiche a vantaggio degli Usa, possibilità che passano dalla fine del conflitto in Ucraina.

La Russia terra di opportunità

Affari cosa significa? Significa che la Russia, lontanissimi i tempi della guerra fredda ma anche le rivalità successive, è un potenziale bacino di materie prime, fonti energetiche – anche nell’Artico -, consumatori. Dmitriev avrebbe persino parlato di una collaborazione nella conquista dello spazio, attraverso una missione congiunta su Marte con SpaceX di Elon Musk, finanziatore di Trump e suo braccio destro nei primi mesi del suo mandato.

Nel piano in 28 punti, era chiaramente messo nero su bianco che la Federazione doveva essere reintegrata nel consesso internazionale, dal quale era stata sostanzialmente emarginata (tranne da Paesi come la Cina o la Corea del Nord, o l’India) dopo la sua invasione dell’Ucraina nel 2022, cominciando dalla ricostituzione del G8, dimagrito a G7 proprio per l’esclusione di Mosca dopo l’attacco a Kiev.

Il primo ministro polacco Donald Tusk ha sintetizzato gli sforzi diplomatici in corso: “Sappiamo che non si tratta di pace. Si tratta di affari”. D’altronde, l’inchiesta del quotidiano newyorkese racconta proprio una storia alquanto dinamica e intensa di leader aziendali che lavorano al di fuori delle linee tradizionali della diplomazia per fondare su intese commerciali un accordo di pace e le relazioni dei prossimi anni. “Se in Ucraina si trova una soluzione, la cooperazione economica degli Stati Uniti può essere una base per il nostro rapporto in futuro”, ha spiegato Dmitriev al Journal.

I pericoli per l’Unione europea

Ma per l’Unione c’è anche un altro aspetto sul piatto: l’amministrazione Trump vuole bruciare gli europei. Una prova ne era la clausola del piano in 28 punti (spinta da Dmitriev, scrive il Wall Street Journal) secondo cui gli asset finanziari russi congelati nel 2022 e detenuti in Europa da una società con sede a Bruxelles, dovevano essere in larga parte (100 mld di dollari) destinati a una ricostruzione dell’Ucraina a guida americana e per questa via fruttare lauti profitti a Washington.

Un’ipotesi fermamente respinta dall’Ue, che da oltre un mese dibatte animatamente se usare questi asset per garantire un ‘prestito di riparazione’ a Kiev, senza guadagnarci nulla e mantenendo la proprietà degli asset stessi in mano russa. Ma il blocco non riesce a decidersi, e al momento nemmeno il timore di vedere la longa manus americana allungarsi sui beni congelati sembra aver sbloccato le perplessità o le soluzioni, e di conseguenza nemmeno la decisione.

Eppure, per Bruxelles i pericoli sono tanti: accettare di modificare i confini ucraini – come chiesto dalla Russia e appoggiato dagli Usa – significa premiare un’aggressione, tornando indietro di oltre 100 anni, mentre fare affari e riabilitare l’aggressore significa di fatto premiarlo. Non va dimenticato che il piano in 28 punti prevedeva anche un’amnistia per i crimini di guerra, laddove su Putin pende un mandato della Corte Penale Internazionale.

Non da ultimo poi, Bruxelles deve considerare un ulteriore punto: la ‘comunella’ tra Mosca e Washington aggrava e approfondisce la frattura tra le due sponde dell’Atlantico, costringendo il blocco a prendere atto del veloce mutamento in atto degli equilibri globali. A prescindere dalla guerra in Ucraina, le visioni di Unione e Usa rispetto al mondo, alla democrazia, all’economia e ai valori-guida in generale, al momento sono inconciliabili.