La Commissione europea ha notificato all’Italia una messa in mora contestando l’applicazione del golden power alle operazioni bancarie. Il documento individua tre profili critici: il possibile effetto sulla libera circolazione dei capitali, la limitazione della libertà di stabilimento e il rischio di sovrapposizione con le competenze della Bce, che supervisiona fusioni e acquisizioni nell’eurozona. Per Bruxelles, l’uso dello strumento — concepito per la tutela della sicurezza nazionale — deve essere circoscritto e non può introdurre un ulteriore livello decisionale in un settore già regolato da norme europee vincolanti.
Nella lettera, la Commissione chiarisce che il problema non è l’esistenza del golden power, ma la sua strutturazione nel comparto bancario, che può aggiungere condizioni nazionali a operazioni sottoposte alla vigilanza prudenziale. La procedura avviata segue i passaggi standard: l’Italia ha sessanta giorni per fornire osservazioni, spiegare come interpreta la propria normativa e indicare quali modifiche è disposta a introdurre per evitare il passaggio al parere motivato e, in ultima istanza, a un eventuale ricorso alla Corte di giustizia.
Come si è arrivati allo scontro
Lo scontro nasce dall’ampliamento progressivo del golden power e dal suo utilizzo nel settore bancario, un ambito che fino a pochi anni fa non rientrava tra quelli sottoposti ai poteri speciali. L’estensione ha di fatto affiancato un livello di valutazione nazionale alle procedure già previste dalla Bce per fusioni e acquisizioni. Il punto di accumulo è stato l’intervento del Governo sull’Ops presentata da UniCredit per acquisire una partecipazione rilevante in Banco Bpm: la notifica è stata esaminata con i poteri speciali e l’esecutivo ha imposto condizioni su governance e attività considerate sensibili. UniCredit ha successivamente ritirato l’offerta, ma il processo decisionale adottato a Roma è diventato il riferimento tecnico della valutazione europea.
La sequenza di atti ha portato la Commissione a chiedere chiarimenti informali all’Italia già nella fase preliminare, aprendo un confronto durato mesi. In parallelo, la DG Concorrenza ha avviato un procedimento autonomo sugli aspetti antitrust della stessa operazione. I due filoni restano distinti, ma entrambi hanno contribuito a delineare il quadro osservato da Bruxelles. Un elemento ritenuto significativo è la diversità rispetto a quanto visto in altri Paesi: il Governo tedesco ha espresso in passato contrarietà all’ipotesi di un rafforzamento di UniCredit in Commerzbank, ma senza adottare atti formali. L’assenza di un provvedimento ha impedito alla Commissione di intervenire. L’Italia, utilizzando una norma cogente, è rientrata invece nel perimetro di controllo europeo e ha aperto il fronte giuridico che ha portato alla messa in mora.
La strategia del Governo
Fonti vicine al dossier confermano che l’esecutivo sta lavorando a un intervento normativo per rispondere ai rilievi della Commissione. Le opzioni sul tavolo sono due: un decreto-legge, che consentirebbe un adeguamento immediato e facilmente comunicabile a Bruxelles, oppure un emendamento alla legge di bilancio o al pacchetto economico del 2026, soluzione più lenta ma con un percorso parlamentare più strutturato. Il Governo intende indicare nella risposta formale non solo la propria interpretazione della legge, ma anche la linea di intervento che adotterà per superare le criticità segnalate.
Il ministro dell’Economia Giancarlo Giorgetti ha confermato l’intenzione di presentare una modifica della normativa per “chiarire e superare le obiezioni” europee, precisando che il confronto con la Commissione è in corso “con spirito costruttivo e collaborativo”. L’obiettivo è evitare l’avvio della fase successiva della procedura, che imporrebbe tempi più rigidi e potrebbe irrigidire le posizioni degli interlocutori.
All’interno della maggioranza emergono differenze di impostazione. Antonio Tajani ha ricordato di aver espresso già in passato dubbi sulla solidità giuridica dell’intervento nel caso UniCredit–Bpm: “Secondo me non c’era la base giuridica”, ha detto, aggiungendo che è necessario discutere con Bruxelles per evitare che la procedura prosegua. Altre componenti dell’esecutivo chiedono invece di mantenere uno strumento ampio, considerato un presidio essenziale in una fase caratterizzata da pressioni internazionali e da una forte mobilità dei capitali.
La revisione della legge potrebbe intervenire su tre aree: la delimitazione delle operazioni bancarie soggette a notifica obbligatoria, la definizione dei criteri che giustificano l’attivazione del golden power e l’allineamento delle tempistiche con le procedure europee. Un elemento di contesto ulteriore è il ricorso pendente davanti al Consiglio di Stato, con cui UniCredit contesta alcune delle condizioni imposte dal Governo nel caso Bpm. La decisione potrebbe influenzare la riscrittura della norma e contribuire a chiarire l’ampiezza della discrezionalità consentita.
Le implicazioni europee e il cantiere dell’Unione bancaria
La procedura d’infrazione contro l’Italia arriva in una fase in cui l’Ue sta tentando di rilanciare il completamento dell’Unione bancaria e di favorire un maggiore consolidamento del settore. La Bce indica da anni nell’assenza di fusioni transfrontaliere uno dei segnali della frammentazione del mercato europeo. Strumenti nazionali che incidono sulle operazioni interne vengono considerati un fattore che rallenta questo processo. Il caso italiano si inserisce in questo contesto e diventa un banco di prova per valutare quali margini di intervento possano essere riconosciuti ai singoli Stati membri.
La Commissione ha scelto una gestione prudente del dossier. La messa in mora non è stata presentata tramite comunicazioni separate e non menziona esplicitamente operazioni specifiche. L’inserimento nel pacchetto infrazioni di novembre, senza enfasi aggiuntive, indica la volontà di mantenere un equilibrio istituzionale pur aprendo un fronte formale. La scelta riflette anche la necessità di non esasperare un contesto politico europeo già delicato.
Accanto al procedimento aperto dalla DG Fisma, resta attivo il fascicolo della DG Concorrenza sull’operazione UniCredit–Bpm. La Commissione ha chiarito che nessuna decisione è stata ancora presa sul fronte antitrust, ma la presenza di due binari paralleli conferma la complessità del tema. Sul mercato, la notizia della messa in mora ha prodotto oscillazioni contenute: gli operatori considerano l’Ops ormai chiusa, mentre l’attenzione si concentra sulla possibile riscrittura della normativa italiana.
La risposta di Roma determinerà i passaggi successivi della procedura. La Commissione valuterà la coerenza tecnica delle modifiche e la loro capacità di eliminare i punti critici individuati. Le prossime settimane definiranno quindi non solo l’esito del contenzioso, ma anche i margini futuri d’intervento dello Stato nelle operazioni bancarie all’interno dell’eurozona.
Nel frattempo, l’Ue ha registrato un altro caso nazionale — quello spagnolo — che segue una logica simile. Per la Commissione, questa convergenza mostra che la questione non riguarda una singola operazione, ma l’impatto delle normative interne sulle dinamiche del settore bancario europeo. Da qui la decisione di avviare la procedura d’infrazione.
