Accise e inflazione, “gli aumenti sul tabacco possono frenare la ripresa europea e favorire il mercato nero”. I numeri di Moscone (Ca’ Foscari)

L'economista di Ca’ Foscari e Brunel in audizione al Parlamento europeo sulla Direttiva che tassa il tabacco. Propone una tassazione proporzionale al rischio, per incentivare il passaggio a prodotti meno dannosi. In Italia vorrebbe dire un risparmio di 700 mln l'anno
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Un incremento significativo della tassazione sui prodotti del tabacco rischia di ottenere l’effetto opposto a quello desiderato: anziché incentivare a smettere, potrebbe spingere una parte crescente di consumatori verso circuiti irregolari. È l’avvertimento lanciato da Francesco Moscone, docente all’Università Ca’ Foscari di Venezia e alla Brunel University di Londra, intervenuto durante un’audizione al Parlamento europeo dedicata alla proposta della Commissione di aggiornare la direttiva Ue sulle accise del tabacco.

Secondo Moscone, l’analisi dell’esecutivo europeo dovrebbe integrare in modo esplicito il ruolo del mercato illecito, perché i dati dell’Ufficio europeo per la lotta antifrode incrociati con le statistiche fiscali disponibili “rivelano una correlazione statisticamente significativa tra livelli di accisa e commercio illecito. In altre parole, tasse più alte sono generalmente associate a un aumento dell’attività illecita”.

La revisione normativa proposta da Bruxelles parte dall’ipotesi che la domanda sia poco sensibile alle variazioni dei prezzi — con stime di elasticità pari a -0,5 per le sigarette tradizionali e -1,4 per i prodotti di più recente introduzione. Ma, osserva Moscone, la letteratura scientifica offre stime ben diverse: i prodotti alla nicotina alternativi mostrano una reattività ai prezzi compresa tra -1,6 e -2,2, mentre l’Organizzazione mondiale della sanità colloca l’elasticità delle sigarette combustibili a -0,4.

Questi numeri, sottolinea l’economista, portano a un punto chiave: “un forte aumento dei prezzi spingerà i consumatori verso prodotti illeciti piuttosto che verso la cessazione”. Una bassa elasticità, aggiunge, implica che i fumatori difficilmente abbandoneranno del tutto il consumo, ma tenderanno a rivolgersi a opzioni meno costose e spesso non regolamentate, provenienti da Paesi extra-Ue. E per i prodotti più recenti, la maggiore elasticità “suggerisce un passaggio ancora più rapido verso i mercati illeciti, attualmente riforniti principalmente da prodotti cinesi economici e non autorizzati”.

Differenze economiche tra Stati membri

L’applicazione uniforme di un livello minimo di accisa in tutta l’Unione, avverte Moscone, avrebbe impatti disomogenei in economie molto diverse tra loro. “Un’aliquota minima unica presuppone redditi simili e capacità simili di assorbire variazioni di prezzo, eppure il pil pro capite della Bulgaria è circa otto volte inferiore a quello del Lussemburgo. Quando lo stesso aumento fiscale viene applicato ovunque, il peso sulle regioni a basso reddito è maggiore, poiché lo stesso aumento di prezzo consuma una quota maggiore del reddito delle famiglie”.

La proposta della Commissione introduce un adattamento basato sul potere d’acquisto, ma secondo Moscone questo correttivo resta insufficiente. Le componenti Ppa “dovrebbero essere più elevate per armonizzare il mercato in termini reali piuttosto che nominali”, altrimenti si rischia una situazione in cui “gli Stati membri perdono gettito fiscale, i consumatori rimangono fumatori ma usano prodotti non regolamentati, e le reti criminali ottengono un nuovo flusso lucrativo”.

Effetti macroeconomici e inflazione

Un altro punto critico riguarda l’impatto macroeconomico. Nella propria valutazione d’impatto, la Commissione europea stima che l’adeguamento delle accise potrebbe aumentare l’inflazione di circa lo 0,55% nell’Ue. Per Moscone, si tratta di un effetto tutt’altro che trascurabile: “Questa non è una questione banale: un’inflazione eccessiva crea un freno negativo sui consumi, in particolare in un’economia che sta sperimentando un rallentamento”.

Un’accelerazione dei prezzi, osserva, riduce immediatamente il potere d’acquisto e può influire anche sulle decisioni della Bce, con possibili interventi restrittivi sulla domanda interna. A livello di bilanci pubblici, l’impatto stimato comporterebbe un aumento dei costi per interessi pari a 12-16 miliardi di euro su un debito complessivo di circa 15 mila miliardi, “annullando potenzialmente quasi tutti i guadagni di entrate previsti”.

Tassazione proporzionale al rischio

Nella revisione della direttiva, Moscone suggerisce inoltre un approccio coerente con la logica già applicata in altri settori europei: le imposte dovrebbero essere proporzionate al rischio sanitario. I prodotti alla nicotina non combustibili — come tabacco riscaldato, e-cig e pouches — sono considerati “meno dannosi”, con livelli di rischio diversi e, se utilizzati in sostituzione delle sigarette tradizionali, capaci di “ridurre il danno”. Tale valutazione è confermata da istituzioni scientifiche indipendenti come il Bfr tedesco, il Consiglio superiore della sanità belga, il Comitato britannico sulla tossicità e la Food and drug administration statunitense, che “costantemente rilevano che i prodotti alla nicotina più recenti sono meno tossici delle sigarette combustibili”.

Moscone ribadisce di essere pronto a rivedere la propria posizione nel caso in cui la scienza dovesse giungere a conclusioni differenti.

I risparmi potenziali per l’Italia

Richiamando una sua recente ricerca peer-reviewed, l’economista ricorda che “se metà dei fumatori italiani passasse a prodotti a rischio ridotto, come il tabacco riscaldato e le sigarette elettroniche, potremmo risparmiare circa 700 milioni di euro in costi diretti ogni anno. E i risparmi indiretti potrebbero essere ancora maggiori”.

Per questo motivo Moscone considera l’impostazione della Commissione non allineata alle evidenze scientifiche né alle pratiche fiscali europee già consolidate: nei settori dell’alcol, delle bevande zuccherate e dell’energia, la tassazione è infatti graduata in base al livello di rischio o impatto. Imporre la stessa accisa a prodotti con profili di rischio diversi, conclude, “rimuove gli incentivi di prezzo per i fumatori a passare ad alternative meno dannose e porta a costi sanitari evitabili”.