L’Unione europea ha lanciato un pacchetto di difesa ambizioso che mira a trasformare radicalmente il modo in cui le truppe e gli equipaggiamenti militari possono muoversi all’interno del continente. L’obiettivo dichiarato è creare un vero e proprio “Schengen Militare“, un sistema in cui i mezzi militari possano attraversare i confini europei in modo rapido e sicuro.
Il pacchetto, presentato dalla Commissione europea, include una proposta di regolamento per facilitare il trasporto di attrezzature, una comunicazione sulla mobilità militare e una roadmap per la trasformazione industriale della difesa. La missione è chiara: se l’Europa vuole garantire una difesa forte, le sue forze armate devono essere in grado di trovarsi nel posto giusto e al momento giusto.
Addio a settimane di attesa: la regola dei tre giorni
Attualmente, la rapidità non è la forza dell’Europa. La logistica è ostacolata da procedure lente: in alcuni casi, i Paesi chiedono ben 45 giorni di preavviso prima che le truppe di altre nazioni possano passare per delle esercitazioni. Il tempo necessario per ottenere i permessi può durare “settimane o mesi”. L’alta rappresentante Kaja Kallas ha sottolineato che 11 anni dopo l’annessione della Crimea da parte della Russia, questa lentezza è semplicemente inaccettabile, e l’obiettivo è muovere le truppe in giorni, “non in settimane”.
Per superare queste “barriere amministrative”, il nuovo regolamento introduce un tetto massimo di tre giorni per l’ottenimento delle autorizzazioni necessarie al passaggio delle truppe e degli equipaggiamenti militari alle frontiere.
Il commissario europeo dei Trasporti Apostolos Tzitzikostas ha chiarito un punto cruciale per evitare ulteriori ritardi: questo limite di tre giorni si applica “una volta sola” per l’intero transito. Se dovesse applicarsi a ogni confine, per spostare un carro armato dalla Francia all’Estonia servirebbero comunque 15 giorni solo per i permessi.
È fondamentale ricordare che la regola dei tre giorni vale solo “in tempo di pace”. In caso di emergenza o crisi di sicurezza, sarà sufficiente una semplice “notifica”. A questo scopo sarà creato un nuovo meccanismo di emergenza, l’European Military Mobility Enhanced Response System (Emers), per garantire procedure rapide e l’accesso prioritario alle infrastrutture.
Infrastrutture e finanziamenti: la strategia è nei ponti
La velocità non dipende solo dalla burocrazia, ma anche dalla capacità fisica delle nostre infrastrutture. L’esperienza di un’esercitazione Nato passata, dove una singola debolezza infrastrutturale aveva ritardato il movimento di mezzi dai porti del Mare del Nord verso il fianco orientale, ha dimostrato che “l’infrastruttura è strategia”.
Bisogna risolvere problemi basilari, come ponti che non sono in grado di sostenere il peso di un carro armato da 60 tonnellate o piste di atterraggio troppo corte per aerei da carico. L’Ue si concentrerà quindi sull’ammodernamento delle infrastrutture esistenti per renderle a “doppio uso” (civile e militare), rafforzando ponti, allargando gallerie, e potenziando porti e aeroporti. L’obiettivo è completare questi progetti strategici, identificati in oltre 500 “punti caldi” lungo i corridoi di mobilità, entro la fine di questo decennio (2030).
Per sostenere questo sforzo, l’Unione farà un balzo in avanti negli investimenti: il programma Connecting Europe Facility (Cef) per la mobilità militare, nel prossimo bilancio pluriennale, dopo il 2028, aumenterà di dieci volte, raggiungendo i 17 miliardi di euro. Investire in queste infrastrutture a doppio uso è visto come un investimento “sia nella nostra sicurezza che nella nostra economia”.
La difesa come “servizio pubblico”
Questa spinta verso la velocità e la trasformazione industriale riflette un cambio di mentalità a Bruxelles. L’alta rappresentante Kaja Kallas ha difeso la necessità di questi investimenti, spesso difficili da spiegare agli elettori. Kallas ha ammonito che, sebbene sia giusto spendere per sanità e istruzione, queste non possono funzionare se vengono attaccate. Il problema è che bisogna investire nella difesa quando “non se ne ha bisogno”, perché “quando ne hai bisogno” è già “troppo tardi”.
Il commissario alla Difesa Andrius Kubilius ha riassunto questa posizione definendo la difesa come un “servizio pubblico”. L’urgenza è palpabile, specialmente dopo eventi recenti come l’attacco di un treno sulla linea ferroviaria polacca verso l’Ucraina, che ha messo in luce i rischi senza precedenti per le infrastrutture di trasporto europee. L’Europa “non ha tempo da perdere”.
