Sembrerebbe più facile che un cammello passi per la cruna di un ago piuttosto che l’Ue decida di usare gli asset russi congelati per garantire un prestito a Kiev. Eppure, la strada pare essere ancora quella. In un discorso al Parlamento europeo, la presidente della Commissione europea Ursula von der Leyen ha proposto tre opzioni per aiutare l’Ucraina, dando corso alla richiesta emersa dal turbolento Consiglio europeo del 23 ottobre, che non era riuscito ad arrivare a una decisione sui beni di Mosca immobilizzati. E le alternative sul tavolo sono ancora meno gradite di quella che coinvolge i beni russi.
Gli asset russi
In Europa giacciono circa 200 miliardi di euro di asset russi che l’Ue ha congelato in seguito all’invasione dell’Ucraina nel 2022. Fino ad oggi, per aiutare Kiev sono stati utilizzati solo gli interessi generati da questi soldi. A ottobre però la Commissione ha proposto di usare anche il sottostante, quasi interamente liquido, per garantire un cosiddetto ‘prestito di riparazione’, che l’Ucraina non dovrebbe rimborsare a meno che la Russia non ponga fine alla guerra e non paghi le riparazioni di guerra. L’idea però ha trovato un’opposizione ferma da parte del Belgio, sede della società finanziaria Euroclear che detiene la stragrande maggioranza degli asset in questione.
Il governo è fortemente contrario perché teme di dover affrontare da solo le già annunciate ritorsioni da parte di Mosca, che ha fatto sapere senza mezzi termini che riterrebbe l’uso dei propri asset “una rapina e un inganno”. Il premier Bart De Wever vuole delle garanzie precise.
Anche la Slovacchia ha fatto sapere che si opporrà, e le perplessità sono comunque presenti anche tra chi è possibilista, come l’Italia: tutti chiedono che sia ben chiara e certa la base giuridica che ‘giustificherebbe’ l’operazione legalmente e a livello internazionale.
Le alternative agli asset russi: aprire i cordoni della borsa
Se usare gli asset russi è rischioso e divide i Paesi europei, le alternative non sembrano molto più praticabili, anche se per motivi diversi. Nel suo discorso all’Eurocamera, von der Leyen ne ha proposte due: emettere debito comune (eurobond), oppure finanziare bilateralmente, quindi i singoli Stati, attraverso i propri bilanci. Ma, ha chiarito la capa dell’esecutivo Ue, usare gli asset russi congelati “rimane il modo più efficace per sostenere la difesa dell’Ucraina e la sua economia”. Nonché “il modo più chiaro per far capire alla Russia che il tempo non è dalla sua parte”.
In entrambe le alternative prospettate dalla tedesca, sarebbero le capitali a dover aprire i cordoni della borsa, motivo per cui la maggior parte dei ministri delle finanze dell’Unione ha accettato di sostenere l’iniziativa. Paesi fortemente indebitati come Francia e Italia hanno pochi mezzi per finanziare l’Ucraina, mentre quelli storicamente ostili alla spesa pubblica, come Germania e Paesi Bassi, non vedono di buon occhio l’idea di gravare i cittadini con ulteriore debito.
Per De Wever, “il grande vantaggio del debito è che lo sai. Sai quanto è. Sai per quanto tempo dovrai sopportarlo. Sai esattamente chi ne è responsabile. Lo svantaggio del denaro russo è che non hai idea di quanto andrà avanti il contenzioso, quanto durerà e quali problemi incontrerai”.
Allo stesso tempo, il premier belga è perfettamente consapevole che usare la leva del debito (comunitario o nazionale) è politicamente “molto problematico”.
Dal Fmi risorse solo se ok all’uso degli asset russi
C’è anche un altro fattore da tenere in conto: il Fondo Monetario Internazionale (Fmi) sta preparando una nuova serie di prestiti per un valore di circa 8 miliardi di dollari all’Ucraina in 3 anni. Ma renderà disponibili queste risorse solo se l’Ue userà i fondi congelati del Cremlino per finanziare il suo prestito, perché questa misura fungerebbe da garanzia per l’istituto finanziario sul fatto che il governo ucraino possa contrarre altro debito.
Per Kiev e “una questione di sopravvivenza”
Per il presidente ucraino Volodymyr Zelensky il tema è esistenziale per l’Ucraina, come ha sottolineato in un’intervista a Bloomberg TV: “È una questione di sopravvivenza, ecco perché ne abbiamo molto bisogno. E conto sui partner”.
D’altronde Kiev si trova in bilico: con deficit di bilancio stimato a 65 miliardi di dollari nel 2026 e nel 2027, senza nuovi finanziamenti il Paese ha ‘autonomia’ solo fino al secondo trimestre del prossimo anno, dopodiché inizieranno le difficoltà nel sostenere lo sforzo bellico. Il conflitto il prossimo febbraio entrerà nel quarto anno, mentre Putin non dà mostra di voler aprire dei negoziati e tanto meno di voler diminuire la pressione. Stanotte un maxi attacco coi droni ha causato almeno 6 morti e decine di feriti (bilancio provvisorio), mentre si sta combattendo un’aspra difesa della città di Pokrovsk, che secondo i russi sarebbe completamente circondata. Gli ucraini sostengono che la situazione non sia così disperata, ma diversi analisti ritengono che solo una resa possa evitare di soccombere sotto l’offensiva russa.
Lo scandalo corruzione a Kiev
E mentre in Europa si discute su come finanziare l’Ucraina, con un tempismo non ottimale a Kiev è scoppiato un gravissimo scandalo di corruzione in ambito energetico che coinvolge ministri, imprenditori, tra cui l’ex socio in affari di Zelensky e figure vicino al presidente. Il leader ucraino ha promesso un’indagine completa, affermando che nel suo Paese nessuno è al di sopra della legge. Certo è la questione potrebbe essere usata da Ungheria e Slovacchia come pretesto per respingere l’ipotesi dell’uso degli asset russi, oppure potrebbe significare l’inserimento di termini e condizioni rigorosi sull’utilizzo del denaro.
Non cambia però la necessità di sostenere Kiev, come ha riassunto ai giornalisti il ministro delle Finanze lituano, Kristupas Vaitiekūnas, prima dell’incontro di giovedì a Bruxelles: “Quali altre opzioni abbiamo? L’Ucraina è la nostra unica opzione. E sta lottando non solo per la propria libertà e per il diritto di scegliere il proprio stile di vita, ma anche per la libertà dell’Europa. Nonostante lo scandalo, non ci sono altre opzioni”.
Cosa succederà ora?
L’obiettivo finale è il prossimo Consiglio europeo, il 18 e 19 dicembre. “La Commissione ha avviato intensi scambi con le autorità belghe sulla questione ed è pronta a fornire ulteriori chiarimenti e garanzie, ove opportuno”, ha fatto sapere un portavoce della Commissione. “Qualsiasi proposta si baserà sul principio della condivisione collettiva del rischio. Sebbene non vi siano indicazioni che l’approccio originale della Commissione possa comportare nuovi rischi, concordiamo sul fatto che qualsiasi rischio derivante dalla nostra futura proposta dovrà ovviamente essere condiviso collettivamente dagli Stati membri e non da uno solo”.
“Il sostegno all’Ucraina e la pressione sulla Russia sono in definitiva ciò che potrebbe portare Putin al tavolo delle trattative ed è per questo che è così importante che i Paesi europei si facciano avanti”, ha dichiarato ai giornalisti ieri al termine del vertice Ecofin il ministro svedese per gli Affari europei Jessica Rosencrantz.
