“Amici miei, abbiamo rovesciato una dinastia politica”. Parla con tono risoluto Zohran Mamdani mentre celebra i valori progressisti che lo hanno portato a diventare il nuovo sindaco di New York. Le minacce del presidente Trump, prima e dopo la sua elezione, non hanno deviato il suo percorso.
Nato a Kampala, in Uganda, il 18 ottobre 1991, da padre (docente) di origini ugandesi e madre (regista) di origini indiane, Mamdani è il primo musulmano tra 111 sindaci della Grande Mela. All’età di 7 anni, si è trasferito con la sua famiglia a New York e nel 2018 è stato naturalizzato cittadino americano.
Oltre ad essere il primo musulmano, Mamdani è anche il primo sindaco della Grande Mela del sudest asiatico, il secondo socialista (prima di lui David Dinkins, anch’egli membro dei Democratic Socialists of America) e il secondo più giovane nella storia (Hugh J. Grant aveva 31 anni quando fu eletto nel 1889).
Dopo il suo trasferimento a New York, Mamdani è cresciuto ad Astoria, un quartiere del Queens noto per la sua forte componente popolare e multiculturale. Originariamente sede di immigrati, oggi si caratterizza per una vivace convivenza di culture e una realtà popolare, con edifici bassi e una rete di piccoli negozi a conduzione familiare, che ne fanno un quartiere a misura d’uomo, lontano dai cliché turistici di New York.
Il programma politico di Mamdani
Il “fenomeno Mamdani” è un chiaro messaggio politico al partito repubblicano, sia per la sua storia personale che per i valori portati in campagna elettorale.
La sua politica si basa su capisaldi chiari e diametralmente opposti a quelli professati dal presidente Usa Donald Trump:
- abbassare il costo della vita a New York, che anche la classe media non riesce a più a sostenere;
- portare il salario minimo a 30 dollari all’ora entro il 2030
- congelare gli affitti per 2 milioni di newyorkesi;
- fornire assistenza all’infanzia gratuita fino ai 5 anni;
- puntare sul trasporto pubblico rendendo gratuite le corse sugli autobus;
- aprire supermarket comunali con prezzi calmierati
Certificato il suo trionfo, Mamdani ha parlato ai suoi elettori ieri notte in un teatro di Brooklyn, promettendo l’inizia di una “nuova era” caratterizzata da “un governo municipale che aiuta tutti”. “II futuro è nelle nostre mani. Amici miei, abbiamo rovesciato una dinastia politica” ha esultato il candidato democratico, che vuole trasformare la città: “Giriamo pagina su una politica che abbandona molti e risponde solo a pochi. New York oggi ha conquistato un mandato per un cambiamento, un mandato per un nuovo tipo di politica, per una città che possiamo permetterci”.
Mamdani hadetto che il suo programma sociale sarà il più ambizioso dopo quello del sindaco italo-americanoFiorello La Guardia, sindaco di New York dal 1934 al 1945 per tre mandati consecutivi. Nonostante fosse repubblicano, il suo programma sociale è stato tra i più ambiziosi della storia della città: ha combattuto corruzione e criminalità, promosso case popolari, nuove scuole, parchi, e servizi pubblici. È un esempio perfetto per capire come nel sistema politico americano la divisione tra repubblicani e democratici non si sovrapponga alle categorie di destra e sinistra come le conosciamo in Italia.
L’elezione di Mamdani è anche figlia della delusione dei cittadini verso il partito democratico tradizionale, visto come espressione dello status quo (questa, sì, una dinamica molto simile a quanto successo in Italia nell’ultimo decennio).
L’ascesa politica
L’ascesa politica di Mamdani è stata rapida, per usare un eufemismo: il nuovo sindaco di New York ha iniziato a fare campagna nel Bronx e nel Queens solo un anno fa. Sconosciuto rappresentante di Astoria nell’assemblea dello stato di New York, nella sua pagina web racconta di aver provato il mondo dei film, del rap, della scrittura, prima di interessarsi alla politica, ispirato da Bernie Sanders occupandosi principalmente della crisi degli alloggi.
Dieci giorni prima di lui, in Irlanda, la candidata indipendente di sinistra Catherine Connolly ha vinto le elezioni presidenziali d’Irlanda mettendo al centro della sua proposta politica proprio la crisi abitativa. Le loro elezioni dimostrano come il diritto all’abitare stia diventando una questione urgente che le persone sentono in modo sempre più pressante, con una forza elettorale capace di ribaltare gli equilibri politici.
Anche Mamdani, come Connolly (nonostante quest’ultima abbia 68 anni), ha utilizzato i social media in maniera intelligente, accelerando la propria ascesa. I suoi video diffusi online diffuse online, illustravano la frustrazione per il sistema politico, la disperazione per il costo della vita e per una città sempre più divisa tra ricchi e poveri. Su questi temi è nato un movimento di centomila persone, soprattutto giovani, che hanno bussato a 3 milioni di porte e fatto 4,4 milioni di chiamate per illustrare il programma di Mamdani e il sogno di una politica nuova, che sia vicina alla gente.
La rabbia di Trump che minaccia New York
Prima delle elezioni, il presidente Usa Donald Trump ha intimato ai cittadini di New York di votare l’altro candidato Andrew Como, anch’egli democratico, ma non socialista. Il tycoon non ha nascosto il suo disprezzo per Mamdani.
Nei giorni precedenti al voto, il presidente ha definito il candidato democratico “un comunista” e “un disastro totale”, minacciando di tagliare i fondi federali a New York se fosse stato eletto. “È altamente improbabile che io contribuisca con fondi federali oltre al minimo richiesto”, ha scritto su Truth Social, aggiungendo che tra “un cattivo democratico e un comunista, scelgo tutta la vita un cattivo democratico”.
Trump si è anche rivolto direttamente alla comunità ebraica di New York (circa il 10% della popolazione della città), scrivendo che “un ebreo che vota per Mamdani, che odia gli ebrei, è uno stupido”.
Dopo la vittoria di Mamdani, il presidente ha twittato sul suo social Truth: “Il fatto che Trump non era sulla elettorale e che c’è lo shutdown sono i due motivi per cui i repubblicani hanno perso le elezioni stanotte, secondo i sondaggisti”. Poi ha alzato il livello del dibattito denunciando presunti brogli elettorali, e ha continuato a insultare gli elettori ebrei che hanno sostenuto il nuovo sindaco ribadendo che Mamdani “distruggerà la città”. Ha inoltre minacciato di “gestire direttamente la città” qualora la nuova amministrazione dovesse fallire, evocando lapossibilità di inviare la Guardia nazionale per “ripulire” New York.
La replica di Mamdani: “Trump, alza il volume!”
Mamdani ha risposto con fermezza al presidente americano: “Non mi farò intimidire. Troppo spesso trattiamo quello che dice Trump come se fosse legge”.
Rivolgendosi direttamente al tycoon, che ha qualificato come “despota”, il neo sindaco di New York ha detto: “Donald Trump, siccome so che stai guardando, ho quattro parole per te: ’Turn the volume up!’ (alza il volume). Il 34enne ha detto che New York sarà “la luce in questo momento di oscurità”, prima di rifilare un altro colpo basso al presidente: “Se un luogo al mondo può mostrare come sconfiggere Donald Trump, è la città che lo ha creato”. New York, ha aggiunto, è “una città di immigrati, supportata da immigrati e da oggi guidata da un immigrato”, gli stessi che il presidente Trump, tramite le forze Ice, “cattura” come fossero dei Pokémon.
Il nuovo sindaco di New York ha accettato la sfida, forte del sostegno elettorale: “Ascolta, Trump: per arrivare a uno di noi, dovrai passare attraverso tutti noi”.
Quando sono stati scrutinati il 98% dei voti, Mamdani ha ottenuto il 50,4% dei voti (oltre un milione di preferenze), contro il 41,6% di Andrew Cuomo e il 7,1% di Curtis Sliwa (unico candidato repubblicano). Il primo sindaco musulmano della città potrebbe ottenere più voti del totale di tutti i candidati nelle elezioni per il sindaco nel 2021.
“Lotteremo per voi perché siamo voi”. Poi, rivolgendosi a tutti i newyorkesi, dai bottegai yemeniti ai tassisti senegalesi: “Questa città è anche vostra, e così lo è questa democrazia”, ha detto Mamdani nel suo discorso post elezione.
Non essendo cittadino americano tout court, ma essendo naturalizzato, Mamdani non potrà mai candidarsi al ruolo di presidente degli Stati Uniti d’America.
La religione musulmana, il sostegno alla Palestina e quella frase di sua madre
L’unico riferimento di Mamdani gradito ai conservatori americani è una frase pronunciata all’Hindustan Times, nel 2013, da sua madre, la famosa regista indiana Mira Nair, secondo cui Zohran non era “per niente americano”. Un aspetto evidentemente irrisorio per gli elettori della Grande Mela, il cui secondo nome celebra proprio la inclusività e il melting pot culturale ed etnico della città.
“Sono musulmano, sono socialista democratico e rifiuto di scusarmi per queste cose”, ha detto a chiare lettere Mamdani che, ancora una volta come la nuova presidente irlandese Catherine Connolly, è un convinto sostenitore della causa palestinese.
Ancora prima della sua elezione, Mamdani ha definito le azioni di Israele a Gaza un genocidio e ha promesso che, da sindaco, ordinerà l’arresto di Benjamin Netanyahu, ricercato dalla Corte penale internazionale per crimini di guerra, qualora dovesse mettere piede in città.
Una netta rottura rispetto al sindaco uscente Eric Adams, filo-israeliano convinto che ha accolto Netanyahu durante la sua visita alle Nazioni Unite e ha più volte ribadito il “legame indissolubile” tra New York e Israele.
Le posizioni antisioniste di Mamdani gli sono costate attacchi feroci: Trump lo ha accusato di “odiare gli ebrei”, mentre il ministro israeliano alla Diaspora, Amichai Chikli, lo ha definito “sostenitore di Hamas” e ha invitato gli ebrei di New York a fuggire in Israele. Eppure, dalla sua parte si sono schierate diverse organizzazioni ebraiche progressiste, a dimostrazione di come la comunità ebraica newyorkese sia tutt’altro che compatta su questo tema.
Una New York per tutti è possibile?
La Grande Mela è la città con il maggior numero di milionari al mondo: si contano circa 350.000 persone con un patrimonio superiore a un milione di dollari. Ciò significa che circa un abitante su 24 è milionario. La città ospita anche sessanta miliardari e centinaia di ultra-ricchi con patrimoni enormi. Questa concentrazione di ricchezza convive però con una povertà estremamente diffusa e drammatica.
A New York l’1% più ricco detiene una quota di ricchezza che supera quella del 90% più povero della popolazione. Nonostante la ricchezza complessiva sia cresciuta, la povertà, specialmente quella estrema, non è diminuita e si contano oltre 80.000 bambini senza casa solo nelle scuole di New York. Questo crea un quadro di forti disuguaglianze sociali, in cui i quartieri popolari come Astoria convivono con immense ricchezze a pochi chilometri di distanza. Una realtà che Mamdani promette di trasformare.
