Niente di fatto sugli asset finanziari russi che l’Unione europea ha congelato dopo l’invasione dell’Ucraina e che ora la Commissione propone di usare come base per un ‘prestito di riparazione’ a favore di Kiev. Il tema, di cui si discute da giorni, ieri era uno dei piatti forti del Consiglio europeo, ma le capitali non sono riusciti a superare l’opposizione del Belgio, che detiene la grande maggior parte dei beni presso l’istituto finanziario Euroclear che ha sede a Bruxelles.
Tutto è stato dunque rimandato al prossimo incontro, il 18 dicembre, in occasione del quale la Commissione dovrà presentare delle opzioni per risolvere i nodi (evidentemente migliori di quelle proposte finora).
L’opposizione del Belgio
Il primo ministro nazionalista fiammingo Bart De Wever ha chiesto e ottenuto di non inserire nelle conclusioni del Consiglio riferimenti alla questione, tanto che nel testo approvato i 26 governi – come è ormai abituale manca l’Ungheria di Viktor Orbán, il quale ieri si è presentato solo per la cena) si sono impegnati genericamente “a far fronte alle urgenti esigenze finanziarie dell’Ucraina, anche per i suoi sforzi militari e di difesa” e invitato la Commissione a presentare “il prima possibile opzioni (nella bozza erano “proposte concrete”) di sostegno” per Kiev.
De Wever, infatti ha fatto sapere di non aver avuto sufficienti garanzie che il suo Paese, che detiene la stragrande maggioranza dei beni immobilizzati, non sarà lasciato da solo ad affrontare la ritorsione di Mosca.
Al centro della questione, 180 miliardi di euro di asset russi, attualmente collocati quasi interamente nella già citata Euroclear. Finora, questi fondi sono stati congelati: sono stati usati solo gli interessi da essi generati per sostenere l’Ucraina nell’ambito di un prestito G7 in scadenza a breve.
L’idea della Commissione è quella di usare 140 miliardi per garantire un cosiddetto ‘prestito di riparazione’ a Kiev, in modo che questa abbia fondi per 2 forse 3 anni di guerra e, cosa molto importante, a prescindere dalle decisioni dell’ondivago e spesso ostile presidente Usa Donald Trump.
Il timore del premier belga, come anche di analisti e giuristi, è però che questa operazione possa essere etichettata come confisca, esponendo il Belgio a ritorsioni legali. D’altronde Mosca è già stata chiara: si tratterebbe di un “furto” che provocherebbe una risposta “fino alla fine dei tempi”.
De Wever, inoltre, affronta anche problemi legati all’approvazione della legge di bilancio nazionale, e di certo non vuole ritrovarsi con un conto salatissimo da pagare. “Immaginate di dover pagare 180 miliardi di euro più i danni l’anno prossimo o tra due anni. È completamente folle”, ha detto ieri.
Le richieste del Belgio
Il governo belga, che negli ultimi giorni sembrava possibilista, sostanzialmente chiede tre cose: la “piena mutualizzazione del rischio“, legale e finanziario; la garanzia che, se il denaro dovesse essere restituito, “tutti gli Stati membri contribuiranno“; che anche gli Paesi dell’Unione che detengono gli asset “si muovano insieme a noi“.
“Se ci muoviamo, dobbiamo farlo tutti insieme. Questa è la solidarietà europea”, ha dichiarato ieri mattina arrivando al Consiglio. Ma quella che era “probabilmente la condizione più importante”, ovvero che gli Stati membri garantiscano che la Russia possa essere rimborsata immediatamente “non ha suscitato un’ondata di entusiasmo attorno al tavolo”.
Come usare i fondi congelati
C’è un’ulteriore aspetto su cui le capitali non sono d’accordo: a cosa destinare il prestito garantito dagli asset congelati, se l’operazione venisse approvata.
Per il cancelliere tedesco Friedrich Merz, i fondi dovrebbero finanziate solo equipaggiamenti militari, mentre Kiev e altri Paesi dell’Unione spingono per una destinazione “flessibile”. La Commissione sta cercando di arrivare a “un buon punto d’equilibrio” tra le due strade.
Von der Leyen: “Concordato sul ‘cosa’, ora lavoriamo sul ‘come’”
La presidente della Commissione Ursula von der Leyen ha commentato che i lavori di ieri hanno consentito “di individuare i punti che dobbiamo chiarire”. In sostanza, ha spiegato ai giornalisti, “abbiamo concordato sul ‘cosa’, ossia il prestito di riparazione. Ora dobbiamo lavorare sul ‘come’ renderlo possibile”.
Il presidente del Consiglio europeo António Costa ha invece precisato che “nessuno ha posto il veto oggi“, e confermato che “bisogna lavorare sugli aspetti legali e finanziari dell’ipotesi”. “L’Ucraina avrà le risorse finanziarie necessarie per difendersi nel prossimo futuro”, ha aggiunto.
Il presidente ucraino Volodymyr Zelensky, ospite del vertice, ha nuovamente sostenuto la proposta di usare i beni immobilizzati, ribadendo che Mosca deve pagare il prezzo del conflitto: “Se la Russia ha portato la guerra nel nostro Paese, dovrà pagare per questa guerra”.
Il piano “non è stato seppellito”, ha dichiarato poi il presidente francese Emmanuel Macron, mentre la presidente della Banca Centrale Europea Christine Lagarde ha dichiarato ai leader che i rischi associati al prestito sono “gestibili”.
A tal proposito va precisato che la Banca Centrale Europea ha avvertito che un uso improprio dei beni rischierebbe di violare il diritto internazionale e, di conseguenza, potrebbe minare la credibilità dell’euro e la stabilità finanziaria dell’eurozona. Insomma, tutto sta poi nei dettagli tecnici dell’operazione.
L’importanza di usare i beni russi immobilizzati è stata sintetizzata da Kaja Kallas, Alta rappresentante per la politica estera Ue arrivando ieri mattina al summit: “Invia tre segnali molto importanti. Uno è all’Ucraina, che la stiamo sostenendo nella sua difesa. L’altro alla Russia, che non può sopravvivere più a lungo di noi. E il terzo all’America, per dimostrare che noi stessi stiamo prendendo misure“.
Aerei russi sulla Lituania
Ieri sera, intanto, mentre i lavori del Consiglio non erano ancora terminati, la Lituania ha riferito di una nuova violazione dello spazio aereo europeo da parte di due velivoli russi. “Dobbiamo reagire a questo”, ha detto il presidente Gitanas Nausėda in un breve video su X.
