Fibra ottica italiana nel mirino di Bruxelles: Kkr accusa Roma di aiuti di Stato illegittimi

Il fondo Kkr, che controlla FiberCop, accusa Roma di favorire Open Fiber con aiuti pubblici nel progetto per la rete unica in fibra ottica
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La battaglia per la connessione internet ad alta velocità in Italia non è più una faccenda interna, ma un caso che è atterrato sui tavoli della Commissione europea. Al centro della vicenda c’è un braccio di ferro tra il governo italiano e uno dei maggiori investitori mondiali: il fondo statunitense Kkr. La notizia più è che FiberCop, la società che gestisce l’infrastruttura di rete fissa italiana e controllata da Kkr, ha presentato un reclamo formale a Bruxelles.

L’accusa mossa è gravissima: lo Stato italiano avrebbe concesso aiuti statali illegali alla sua rivale principale, Open Fiber, alterando in modo determinante la competizione nel cruciale mercato della banda ultra-larga.

Due reti, due visioni

Per capire la serietà dei fatti, bisogna inquadrare i protagonisti. Da un lato c’è FiberCop, l’eredità della storica rete telefonica italiana, acquisita dal consorzio guidato da Kkr in un affare monumentale da 22 miliardi di euro lo scorso anno. Il fondo statunitense detiene il 37,5% di FiberCop, ma non è solo: tra i suoi soci figura anche lo Stato italiano, attraverso il Ministero dell’Economia e delle Finanze (Mef), con una quota del 16%.

Dall’altro lato, c’è Open Fiber, l’azienda creata quasi dieci anni fa con l’obiettivo specifico di stendere la fibra ottica pura nel Paese. Questa società è controllata dall’investitore statale italiano Cassa Depositi e Prestiti (Cdp) e dal fondo australiano Macquarie.

La denuncia depositata da FiberCop arriva come apice di un’escalation nel già teso rapporto tra Kkr e il governo italiano. FiberCop ha dichiarato di aver portato all’attenzione della Commissione “una serie di circostanze” che ritiene necessitino di una “valutazione sotto il profilo della concorrenza”.

L’accusa agli aiuti italiani a Open Fiber

La denuncia si concentra su una serie di misure adottate dall’Italia tra il 2024 e il 2025 a favore di Open Fiber. Secondo le stime riportate da Reuters, il valore complessivo di questi presunti benefici statali potrebbe arrivare fino a 4,5 miliardi di euro.

Questi fondi e vantaggi non si riferiscono a un unico pagamento, ma a un insieme di disposizioni che FiberCop ritiene abbiano squilibrato il mercato. Tra le misure contestate rientrano le sovvenzioni dirette erogate, l’estensione di concessioni già in essere, le garanzie statali fornite sulle linee di credito e persino la sospensione o la riduzione delle multe che Open Fiber avrebbe dovuto pagare a causa dei ritardi nei piani di sviluppo della fibra sponsorizzati dallo Stato.

L’accusa di FiberCop è chiara: queste disposizioni avrebbero trasferito i rischi economici e finanziari che Open Fiber avrebbe dovuto sostenere direttamente sullo Stato italiano, in aperta violazione delle normative europee sulla concorrenza.

Kkr e il muro alla fusione

Questa battaglia legale, dicevamo, è solo l’apice di un’escalation ed è profondamente intrecciata con il difficile contesto economico che sta affrontando l’investimento di Kkr nell’ambito delle pressioni di Roma per fondere FiberCop e Open Fiber. Kkr sta resistendo a questa ipotesi, temendo che i termini di un’eventuale unione sarebbero sfavorevoli.

I dati finanziari giustificano le preoccupazioni del fondo americano. Nel primo semestre del 2025, FiberCop ha registrato una perdita netta di 364.000 clienti. Queste perdite si sono verificate poiché, durante la modernizzazione della rete dal vecchio rame alla fibra, i clienti non vengono trasferiti automaticamente e sono liberi di scegliere un concorrente. Queste defezioni hanno portato il totale delle connessioni di FiberCop a 14,1 milioni a giugno, mancando le proiezioni iniziali di Kkr.

A causa di questa accelerazione nelle perdite di clientela e della necessità di reinvestire nella rete per completare i lavori entro il 2027, FiberCop ha preso la difficile decisione di non pagare i dividendi agli investitori. Sebbene Kkr affermi che i risultati siano in linea con le aspettative, la situazione ha portato l’agenzia di rating Moody’s a collocare la società in una prospettiva negativa, come riporta il Financial Times, a causa degli ingenti investimenti previsti.

Nonostante le difficoltà, la fusione è ancora sul tavolo ed è un elemento cruciale nell’accordo originale: l’unione delle due reti farebbe scattare un pagamento aggiuntivo per il consorzio guidato da Kkr che può arrivare fino a 2,5 miliardi di euro.

Ma Roma vede nella fusione la possibilità di rendere il Paese più competitivo e al passo con gli altri Stati membri europei. Una rete a banda larga unificata, all’ingrosso e sotto la supervisione dello Stato, eviterebbe la duplicazione di investimenti e ridurrebbe il ritardo rispetto ai pari europei nella copertura internet fissa ad alta velocità: in Italia, solo il 70% delle famiglie ha accesso alla banda larga ultraveloce, contro una media Ue dell’82%. Mentre Open Fiber, nonostante gli aiuti contestati, ha riportato una perdita di 364 milioni di euro nel 2024.

La palla passa ora alla Commissione europea. Spetterà a Bruxelles decidere se aprire un’istruttoria formale, determinando se l’Italia abbia effettivamente concesso vantaggi che hanno sbilanciato la concorrenza a danno di un’infrastruttura strategica oppure no.