Non ne so niente. Questa la risposta di Olivér Várhelyi, commissario alla Salute, convocato ieri dalla presidente dell’esecutivo europeo Ursula von der Leyen per chiarire la sua posizione nella vicenda della presunta rete di spie ungheresi a Bruxelles emersa da un’inchiesta giornalistica, sulla quale la Commissione ha deciso di aprire un’indagine interna. Secondo le ricostruzioni dei media, uno degli agenti segreti, identificato come ‘V.’, avrebbe operato travestendosi da diplomatico in forza nella rappresentanza permanente dell’Ungheria presso l’Ue, all’epoca guidata proprio da Várhelyi. V. avrebbe cercato di ottenere informazioni sensibili e di reclutare personale all’interno della Commissione, anche se in modo così plateale da venire presto smascherato.
Il commissario ha spiegato a von der Leyen di “non essere a conoscenza” della presunta attività di spionaggio o dell’esistenza di una rete di agenti che avrebbero agito a favore del governo di Viktor Orbán.
I difficili rapporti tra Ue e Ungheria
Várhelyi è stato un nome controverso fin dalla formazione dell’esecutivo, a causa della sua vicinanza con il premier ungherese. Orbán ha assunto il ruolo di vera ‘spina nel fianco’ per l’Unione, a causa delle sue posizioni diametralmente opposte a quelle comunitarie – che vedono spesso il Paese come unico ‘bastian contrario’ – e del deterioramento dello stato di diritto, che preoccupa parecchio Bruxelles. L’Ue ha infatti congelato alcuni fondi destinati all’Ungheria, per far sì che il governo magiaro torni sul binario dei valori condivisi e accettati con la firma dei Trattati. Di certo il sospetto che l’Ungheria, un membro del blocco, spiasse i propri amici non migliora le relazioni di Budapest con le istituzioni comunitarie.
Il caso emerso la scorsa settimana, e al momento non confermato da prove ufficiali, come ha sottolineato giovedì scorso una portavoce della Commissione, peggiora l’aura di preoccupazione e sospetto (di non fare gli interessi dell’Unione) che circonda il commissario. Quando l’anno scorso von der Leyen gli affidò la delega alla Salute e al Benessere degli animali, molti videro la scelta come una presa in giro e un chiaro segnale del peso politico del Paese magiaro, che con le sue posizioni ‘alternative’ si è di fatto autoemarginato.
Anche se, a tal proposito, va detto che l’Ungheria non è del tutto sola: condivide posizioni comuni con la Slovacchia di Robert Fico, mentre la recente vittoria di Andrej Babiš in Repubblica Ceca potrebbe rimpolpare il fronte pro-Russia.
Ma tornando all’ultima – non la prima – spy story che vede coinvolta Budapest, le indagini proseguono. Teoricamente, se ci saranno gli estremi, il Consiglio o la Commissione, potrebbero arrivare a deferire Várhelyi alla Corte di giustizia dell’Ue.