Occhi sul Mediterraneo, il ruolo della Marina Italiana per la “sicurezza” della Flotilla per Gaza

L’ostilità israeliana alla missione è rappresentata dal fatto che l’account del governo israeliano chiama l’operazione umanitaria “Hamas Flotilla”
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Imbarcazioni si uniscono alla Global Sumud Flotilla (Ipa/Fotogramma)
Imbarcazioni si uniscono alla Global Sumud Flotilla (Ipa/Fotogramma)

Occhi sul Mediterraneo e tanta preoccupazione per il rischio di un’escalation. Potremmo riassumere così le ultime settimane del nostro Paese durante le quali, la crescente pressione dell’opinione pubblica italiana, indignata per “l’inerzia” del governo italiano di fronte alla crisi umanitaria a Gaza, ha portato ad una decisione da parte della maggioranza che ha raccolto plausi e critiche: il ministro della Difesa Guido Crosetto ha annunciato l’invio della fregata multiruolo Virginio Fasan a supporto della Global Sumud Flotilla, alla quale si aggiungerà la nave Alpino progettata per agire in scenari di guerra.

L’unità navale Virginio Fasan, già operativa a nord di Creta nell’ambito della missione “Mediterraneo Sicuro”, è stata mobilitata con l’obiettivo ufficiale di garantire assistenza e protezione a eventuali cittadini italiani coinvolti negli attacchi – si presume di matrice israeliana – alle navi civili della Flotilla, dirette con aiuti umanitari a Gaza. Attacchi la cui gravità è segnata dal luogo in cui si sono verificati e, cioè, in acque internazionali.

La decisione è stata presa dopo consultazioni con il Capo di Stato Maggiore della Difesa e un’analisi giuridica. Tuttavia, l’intervento è stato criticato dalle opposizioni come un’operazione di facciata: la Fasan, insieme all’Alpino, pur dotate di avanzati sistemi militari e anti-droni, manterrà una distanza di sicurezza dal convoglio umanitario e, in caso di ingresso della Sumud Flotilla in acque israeliane, non ne garantirà la protezione.

Ma andiamo con ordine.

La missione umanitaria per Gaza

La Global Sumud Flotilla è una missione umanitaria internazionale diretta a Gaza, composta da 49 imbarcazioni e delegazioni provenienti da 44 Paesi, tra cui attivisti, medici, religiosi, giornalisti e politici italiani. Promossa dalla Freedom Flotilla Coalition, dalla Global March to Gaza e da coordinamenti regionali del Maghreb e del Sud-Est asiatico, la Flotilla è partita tra fine agosto e metà settembre 2025 da porti come Genova, Barcellona e Tunisi, con l’obiettivo di consegnare aiuti umanitari e rompere simbolicamente l’isolamento di Gaza.

La popolazione della Striscia di Gaza, infatti, negli ultimi mesi ha vissuto quello che a livello internazionale è stato definito come un “genocidio”. Si stima siano oltre 60 mila i morti, solo 20 mila sono bambini. La fame e la carestia sono l’arma di sterminio peggiore.

Un gruppo di professionisti sanitari internazionali ha lanciato un appello sulla rivista scientifica “The Lancet”, per puntare i riflettori sulle strutture ospedaliere a Gaza. La lettera ‘Gaza’s healthocide: medical societies must not stay silent’ condanna gli attacchi alle infrastrutture sanitarie e mette in evidenza l’impatto “del conflitto sui pazienti, in particolare quelli con patologie urgenti come tumori, traumi e malattie epatiche”, che vengono privati di cure. “Gli ospedali dovrebbero essere santuari di cura, ma a Gaza sono diventati bersagli. Come medici e chirurghi abbiamo la responsabilità morale di far sentire la nostra voce quando il sistema delle cure è sotto assedio“, ha dichiarato il primo autore della lettera Alessandro Vitale, professore di Chirurgia Generale dell’Università di Padova.

L’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i diritti umani ha chiesto la cessazione degli “attacchi” alla Flotilla diretta verso la Striscia di Gaza, richiedendo un’indagine “indipendente”. “È necessario condurre un’indagine indipendente, imparziale e approfondita” e “questi attacchi devono cessare”, ha dichiarato il portavoce dell’Alto Commissariato, Thameen Al-Kheetan.

Roma, Camera Dei Deputati Informativa Urgente Del Governo Sulla Situazione Della Global Sumud Flottilla E Del Fronte Orientale
Il ministro Guido Crosetto e l’informativa urgente del governo sulla situazione della Global Sumud Flottilla (Ipa/Fotogramma)

Gli attacchi alla Flotilla e la risposta italiana

Durante la navigazione nel Mediterraneo, il convoglio umanitario ha subito una serie di attacchi in acque internazionali, gli ultimi a sud di Creta. Droni, esplosioni, gas urticanti e bombe stordenti: si stima siano almeno 11 le imbarcazioni colpite, con danni a strutture e panico tra gli equipaggi. Questi episodi, attribuiti informalmente a Israele, hanno sollevato forti preoccupazioni in Italia, dove l’opinione pubblica ha chiesto un intervento concreto.

Lunedì 23 settembre, l’Italia ha vissuto una giornata di mobilitazione nazionale: cortei e presidi si sono svolti in oltre 75 città, con milioni di persone coinvolte e forti ripercussioni su trasporti, scuole e servizi pubblici. Lo sciopero generale indetto dai sindacati di base ha bloccato porti, autostrade e stazioni ferroviarie, mentre a Milano si sono verificati scontri alla Stazione Centrale, con decine di feriti tra le forze dell’ordine e arresti. Le manifestazioni, in gran parte pacifiche, hanno espresso sostegno alla popolazione palestinese e alla missione umanitaria nel Mediterraneo.

Dopo gli attacchi di ieri a largo di Creta, il ministro della Difesa Guido Crosetto ha quindi disposto l’invio della fregata multiruolo Virginio Fasan per garantire assistenza ai cittadini italiani coinvolti. La stessa presidente italiana Giorgia Meloni ha espresso le proprie perplessità criticato duramente la missione, definendola “irresponsabile”, mentre il ministro degli Esteri Antonio Tajani ha avviato una mediazione diplomatica con Israele, proponendo di far convergere gli aiuti a Cipro per poi trasferirli a Gaza sotto garanzia israeliana.

L’intervento della Marina ha segnato un punto di svolta nella gestione italiana della crisi, evidenziando il rischio di escalation e la fragilità degli equilibri nel Mediterraneo.

Il rischio di escalation: il “punto di non ritorno”

Il timore di uno scontro diretto tra Israele e le imbarcazioni della Flotilla o, peggio, con la Marina italiana, è concreto. Crosetto ha chiarito che, una volta che il convoglio entrerà nelle acque territoriali di un altro Stato, nessun Paese potrà garantirne la sicurezza. Israele potrebbe interpretare l’ingresso come un atto ostile e intervenire militarmente.

Tel Aviv ha dichiarato che la Flotilla, se facesse una rotta che passi da nord, potrebbe attraccare al porto di Ashkelon e scaricare lì gli aiuti che saranno poi trasferiti a Gaza dalla gestione centralizzata. L’ostilità israeliana alla missione è rappresentata dal fatto che gli account del governo israeliano chiamano l’operazione umanitaria “Hamas Flotilla”: “Israele non consentirà alle navi di entrare in una zona di combattimento attiva e non permetterà la violazione di un legittimo blocco navale”, si legge su X.

Ciò si traduce, in altre parole, con un dato: in caso di attacco israeliano, l’Italia non interverrà. Il governo ha ribadito di non voler forzare il blocco navale né provocare uno scontro diretto. Per evitare un’escalation, la soluzione diplomatica del ministro Tajani di far convergere gli aiuti a Cipro sembra essere, per ora, l’unica strada percorribile.