Gas, difesa e riparazioni urgenti: la missione europea di Zelenskyj parte da Parigi

Il presidente ucraino cerca accordi immediati su aviazione, sistemi antiaerei e forniture di gas, mentre Mosca intensifica gli attacchi alle infrastrutture energetiche
7 ore fa
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Il presidente francese Emmanuel Macron e il presidente ucraino Volodymyr Zelensky (Afp)

Volodymyr Zelenskyj arriva a Parigi in un momento in cui l’Ucraina si gioca una parte essenziale della propria capacità di resistenza: la tenuta del sistema energetico, la disponibilità di difese antiaeree e l’accesso a forniture di gas indispensabili per l’inverno. Mentre la Russia intensifica la produzione di bombe plananti e aumenta il numero di attacchi alle infrastrutture, il presidente ucraino concentra in tre giorni una serie di missioni che puntano a ottenere ciò che Kyiv considera prioritario: mezzi aerei, sistemi di difesa, finanziamenti per l’energia e impegni europei più stabili. “Dopo ogni attacco russo, garantiamo il ripristino delle nostre forze”, afferma. “Non è facile. Ma lo facciamo”.

Parigi come baricentro

Nel vertice del 17 novembre con Emmanuel Macron, Zelenskyj arriva con un’agenda definita e con una pressione crescente. Non cerca dichiarazioni di principio, ma strumenti. Secondo una nota dell’Eliseo, citata da Reuters, l’incontro serve a riaffermare il sostegno di lungo periodo della Francia all’Ucraina e a discutere di difesa, energia e cooperazione economica. Zelenskyj stesso, nel suo messaggio pubblicato su X nei giorni precedenti, ha parlato di “accordo storico preparato con la Francia” e di un “rafforzamento significativo della nostra aviazione da combattimento, difesa aerea e altre capacità di difesa”. Dichiarazioni coerenti con quanto comunicato da fonti francesi e con l’orientamento di Parigi, che punta a mantenere un ruolo attivo nella sicurezza europea.

A rafforzare il contesto diplomatico c’è una sequenza di attacchi russi che ha colpito nodi logistici e centrali ucraine con oltre 400 droni e 18 missili nell’arco di una sola notte. Le infrastrutture energetiche restano esposte e Kyiv teme che la combinazione tra bombardamenti e temperature in calo possa ridurre la capacità produttiva del Paese.

La visita all’Eliseo si inserisce in una settimana più ampia, che Zelenskyj ha definito “diplomazia fruttuosa all’orizzonte”: un accordo in Grecia sulle importazioni di gas, il vertice francese, e poi gli incontri in Spagna per ulteriore supporto alla difesa antiaerea. Macron ha ribadito, in linea con le sue dichiarazioni degli ultimi anni, che la Francia intende continuare a sostenere l’Ucraina finché sarà necessario. Ma Zelenskyj chiede garanzie precise: tra le priorità che Kyiv porta a Parigi ci sono nuovi sistemi Aster 30, la cooperazione industriale sui droni e tempi di consegna più rapidi. Il punto centrale è la tempistica: Kyiv ha bisogno di difese e combustibili entro l’inverno, non dopo.

Parigi presenta questo vertice come un segnale di continuità, ma anche come una manovra per riportare la Francia in posizione centrale nel fronte europeo. Berlino procede più lentamente, Washington è meno prevedibile rispetto ai mesi precedenti e diversi Stati membri non riescono a superare i propri vincoli di bilancio e produzione. La Francia tenta dunque di capitalizzare il vuoto di iniziativa, consapevole che l’equilibrio europeo passa inevitabilmente dalla tenuta dell’Ucraina nei prossimi mesi.

Le glide bombs russe e una capacità produttiva che cambia gli equilibri

Il fattore che oggi condiziona di più le capacità ucraine non appartiene alla diplomazia, ma alla fabbrica: la Russia produce armi a un ritmo che mette in difficoltà qualsiasi sistema difensivo. Secondo Vadym Skibitskyi, vicecapo dell’intelligence militare ucraina, Mosca punta a fabbricare fino a 120.000 bombe plananti entro la fine dell’anno, includendo una nuova variante a lunga gittata. Secondo quanto riportato da Reuters, Skibitskyi ha spiegato che le bombe plananti russe possono essere intercettate, ma la quantità prodotta è così elevata da rappresentare una minaccia destinata a richiedere una risposta adeguata da parte ucraina.

Le glide bombs consentono all’aviazione russa di colpire da distanze maggiori, fuori dalla portata di molte batterie ucraine. Questo dettaglio tecnico ha conseguenze operative dirette: permette attacchi ripetuti alle infrastrutture energetiche senza esporre eccessivamente i velivoli. Secondo fonti di intelligence, la Russia può lanciare tra 200 e 250 bombe al giorno nei momenti di picco. Numeri che spiegano perché le difese ucraine, pur potenziate negli ultimi due anni, non riescono a coprire l’intero territorio.

Il sistema elettrico ucraino torna così a essere un obiettivo strutturale. Non servono bombardamenti distruttivi: bastano colpi mirati contro trasformatori e nodi di distribuzione per causare interruzioni prolungate e sovraccarichi. Gli attacchi alle sottostazioni hanno un effetto moltiplicatore, soprattutto d’inverno, quando la domanda aumenta e le possibilità di ripristino si riducono. La pressione russa non mira solo a danneggiare infrastrutture, ma a logorare la capacità ucraina di riparare rapidamente i danni. Ogni intervento tecnico richiede materiali che scarseggiano, squadre che lavorano senza sosta e condizioni meteo non sempre favorevoli.

La conseguenza politica è evidente: più i sistemi energetici sono vulnerabili, più Kyiv dipende dagli aiuti esterni. Il Cremlino punta su questo meccanismo da mesi. E per questo Zelenskyj spinge su un pacchetto che non riguardi solo caccia e difesa aerea, ma anche forniture di gas, interventi per proteggere i nodi energetici e strumenti finanziari che permettano di ricostruire i segmenti colpiti senza ritardi. L’accordo con la Grecia per l’importazione di gas, annunciato dallo stesso Zelenskyj, va in questa direzione. “Copriamo quasi due miliardi di euro necessari per il finanziamento delle importazioni”, ha spiegato.

L’inverno impone rapidità e capacità tecnica

In un video, Zelenskyj ha illustrato una parte centrale della strategia energetica dell’Ucraina: “Abbiamo già accordi per il finanziamento delle importazioni di gas per compensare le perdite nella produzione ucraina provocate dagli attacchi russi”. Un passaggio chiave, perché fotografa la realtà di questo inverno: il Paese non può contare solo sulla produzione interna e deve ricorrere a un mix di fonti esterne, strumenti di credito e garanzie europee.

Il presidente cita esplicitamente “banche europee, con garanzie della Commissione europea”, oltre al contributo delle banche ucraine e della Norvegia. È un meccanismo che ricorda quanto accaduto negli anni precedenti con i fondi di emergenza: strumenti tecnici che permettono di acquistare gas nei momenti in cui i prezzi potrebbero salire. Ma il contesto è diverso. Ora c’è un conflitto aperto e un attacco sistematico alle infrastrutture. Per questo lo stesso Zelenskyj sottolinea che l’Ucraina sta creando “ampie opportunità per il rifornimento durante l’inverno, in particolare tramite i nostri partner della Polonia” e cita il “lavoro attivo” dei partner americani e la cooperazione energetica con l’Azerbaigian.

Il problema tecnico più serio è il rapporto tra domanda e capacità di trasporto. Le interconnessioni con i Paesi vicini reggono, ma non possono compensare eventuali danneggiamenti su larga scala ai nodi interni. E proprio qui si innesta la parte militare: finché le glide bombs colpiscono stazioni elettriche, la rete deve essere ripristinata con tempi strettissimi per evitare blackout a catena. A Parigi è in discussione un pacchetto che combina difesa e dossier energetici, con possibili componenti dedicate alle infrastrutture.

Questa dimensione interessa da vicino l’Unione Europea: se il sistema energetico ucraino cede, aumenta la domanda di elettricità attraverso le interconnessioni con Polonia, Slovacchia, Ungheria e Romania. E una maggiore pressione sulle reti europee significa anche più vulnerabilità ai picchi di prezzo del gas, che potrebbero riverberarsi sui consumatori dell’Ue. È un effetto che i governi europei vogliono evitare, soprattutto dopo due anni di volatilità dei mercati energetici. Per questo Bruxelles insiste su fondi aggiuntivi e sulla protezione delle infrastrutture critiche.

Le mosse dell’Europa

Il vertice di Parigi arriva mentre l’Europa è chiamata a dimostrare che il sostegno a Kyiv può essere sostenuto anche nei momenti di maggiore pressione interna. Le dichiarazioni di intenti non bastano più. Molti Stati membri hanno già consegnato parte delle proprie scorte di difesa e la capacità produttiva europea sta crescendo a ritmi che non sempre soddisfano la domanda. La lentezza nella produzione di sistemi antiaerei, munizioni e componenti tecnici per le riparazioni energetiche è un problema riconosciuto. E questo si intreccia con il tema del consenso: diversi governi temono che un aumento degli aiuti possa alimentare tensioni interne, soprattutto nei Paesi dove il costo della vita resta elevato.

In questo scenario, la Francia tenta un ruolo più assertivo. Berlino mantiene un profilo prudente, mentre Polonia e Stati baltici chiedono accelerazioni immediate. Il ruolo degli Stati Uniti resta decisivo, ma Washington ha mostrato, negli ultimi mesi, una minore prevedibilità nella gestione dei pacchetti di aiuti. Zelenskyj lo riconosce quando parla del “lavoro attivo dei partner americani”, ma sa che l’Europa non può basarsi solo su quel pilastro.

Il nodo centrale riguarda gli asset russi congelati. Bruxelles studia il modo di utilizzarne i proventi per sostenere finanziariamente Kyiv, ma alcune capitali temono conseguenze legali o ritorsioni economiche. Tuttavia, senza nuovi fondi, gli aiuti rischiano di rallentare. Il fabbisogno ucraino nei prossimi mesi sarà elevato: difesa aerea, gas, ricambi per le infrastrutture elettriche, supporto logistico lungo i corridoi del Mar Nero.

Per l’Italia la partita è articolata. Roma ha un interesse diretto nella stabilità energetica dell’Est Europa e partecipa a programmi industriali rilevanti, ma deve fare i conti con margini di bilancio ridotti. Le imprese italiane guardano con attenzione alle iniziative franco-ucraine, consapevoli che la cooperazione industriale in difesa e ricostruzione potrebbe definire le opportunità dei prossimi anni.

L’Europa si trova dunque davanti a un equilibrio delicato: sostenere Kyiv con strumenti concreti, garantire la propria sicurezza energetica e rafforzare una capacità industriale che finora non è riuscita a tenere il passo con la domanda.

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