Nuovi dazi di Trump: ‘punito’ chi non ha concesso abbastanza (Ue al 15%)

Il presidente Usa Donald Trump ha firmato il 31 luglio un ordine esecutivo con cui impone tariffe a decine di Paesi dal 7 agosto. Canada, Brasile, India tra le nazioni penalizzate
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Donald Trump
Donald Trump (Afp)

La ‘telenovela’ tragica sui dazi va avanti. Nella parte del villain, il presidente Usa Donald Trump ieri ha firmato un ordine esecutivo con cui impone dazi a decine di Paesi, conferma quelli al 15% per l’Unione europea e sostanzialmente ‘punisce’ chi non ha fatto concessioni adeguate. L’Ue si è salvata in extremis – l’ultimatum che minacciava tariffe al 30% scadeva l’1 agosto – raggiungendo domenica scorsa un’intesa, salutata con parole roboanti dal tycoon e molto criticata in Europa come una capitolazione, per non dire come un ‘calarsi le braghe’.

E se il primo incontro tra Trump e la presidente della Commissione Ue Ursula von der Leyen non si è svolto in un clima sereno, oltretutto non in sedi istituzionali o vagamente tali ma praticamente a casa del magnate, in un campo da golf di sua proprietà in Scozia (peraltro in Europa sì ma fuori dall’Unione), va anche detto che secondo molti non si poteva fare di meglio visto il contesto, oltre al fatto che alcune promesse alla base dell’accordo, sottolineano gli analisti, non potranno essere mantenute dall’Ue.

Ma veniamo all’ordine firmato ieri sera da Trump.

Cosa prevede l’ordine di Trump

In sintesi, l’atto presidenziale prevede tariffe tra il 15% e il 41% per mezzo globo e stabilisce anche che le merci fatte transitare attraverso un altro Paese con aliquota più bassa per evitarne una più alta saranno tassate al 40%. In ogni caso si parla dei dazi più alti da oltre un secolo: nelle intenzioni di Trump dovranno servire a ridurre il disavanzo commerciale statunitense e spingere le imprese straniere a delocalizzare la produzione negli Usa.

C’è una nuova piccola dilazione per eventuali accordi dell’ultimo momento: le nuove tariffe entreranno in vigore il 7 agosto, se nulla cambia nel frattempo. Ieri sera l’amministrazione americana ha confermato che sono sulla via altri accordi, senza aggiungere altro.

Scendendo più nel dettaglio dell’ordine esecutivo, verrà applicata una tariffa ‘base’ del 10% verso i Paesi che hanno un surplus commerciale con gli Usa (un centinaio) e una del 15% verso le controparti con cui Trump ha raggiunto intese in tal senso: Unione Europea, Giappone e Corea del Sud. Per Filippine, Vietnam e Indonesia i dazi oscillano tra il 19 e il 20%, avendo in mano attualmente accordi provvisori. Il Regno Unito, invece, avrà una tariffa più bassa, pari al 10%.

Stangata per Paesi con piccole economie e gravati da crisi importanti: 41% alla Siria, alle prese con il dopo caduta del regime di Bashshār al-Assad, 40% al Laos e al Myanmar, che attraversa una guerra civile, 35% all’Iraq e 20% allo Sri Lanka.

Colpite duramente anche la Svizzera, che si troverà gravata da una tariffa al 39%, il Sudafrica (30%) e l’India (25%). Quest’ultima subirà anche una penalità, a partire da oggi, perché – ha spiegato Trump – “hanno sempre acquistato la stragrande maggioranza del loro equipaggiamento militare dalla Russia e sono il maggiore acquirente di energia della Russia, insieme alla Cina, in un momento in cui tutti vorrebbero che la Russia fermasse le uccisioni in Ucraina”.

Quanto al Canada, uno dei principali partner commerciali degli Usa, questo Paese si vede aumentare i dazi dal 25 al 35% per i beni che non sono coperti dall’Accordo Stati Uniti-Messico-Canada. Un risultato su cui sembra aver pesato la decisione del governo di riconoscere lo Stato palestinese, molto criticata da Trump, e “la continua inazione e ritorsione del Canada” nell’arginare il flusso di fentanyl verso gli Usa, come chiarito dall’amministrazione americana.

Al Messico, invece, secondo quanto dichiarato ieri mattina da Trump, verrà mantenuta l’aliquota al 25% per altri 90 giorni in vista di un accordo.

Al Brasile si imporrà un dazio del 10%, ma una misura precedente ha già introdotto il 40% su alcune categorie di prodotti, come ‘punizione’ per il procedimento giudiziario contro l’ex presidente Jair Bolsonaro per il presunto tentativo di golpe del 2022.

Ci sono poi diversi Paesi ancora nel guado, come Taiwan che al momento è al 20%, una tariffa definita dal presidente taiwanese Lai Ching-te “provvisoria”.

Infine, la Cina, che ha tempo fino al 12 agosto per raggiungere un’intesa con Washington. Una proroga dell’attuale ‘tregua’ è stata discussa “in linea di principio”, senza però un riconoscimento da parte americana. Pechino tuttavia, nelle parole del portavoce del ministero degli Esteri Guo Jiakun, ha commentato che il protezionismo “danneggia gli interessi di tutte le parti”, e che “non c’è un vincitore in una guerra tariffaria o commerciale”. “L’opposizione della parte cinese ai dazi è stata coerente e chiara”, ha concluso.

Una punizione per chi non ha concesso abbastanza

Scorrendo la lista, sembra che Trump abbia seguito un criterio punitivo verso i Paesi che, secondo lui, non hanno concesso abbastanza. Un’impressione che trova conferma nell’ordine stesso, dove si legge: “Alcuni partner commerciali hanno concordato, o sono sul punto di concordare, impegni commerciali e di sicurezza significativi con gli Stati Uniti, dimostrando così la loro sincera intenzione di porre rimedio in modo permanente alle barriere commerciali”.

Ma “altri partner commerciali, pur avendo avviato negoziati, hanno offerto condizioni che, a mio giudizio, non affrontano sufficientemente gli squilibri nelle nostre relazioni commerciali o non sono riusciti ad allinearsi sufficientemente con gli Stati Uniti su questioni economiche e di sicurezza nazionale”.

Infine, sottolinea ancora il documento, “vi sono anche alcuni partner commerciali che non hanno avviato negoziati con gli Stati Uniti o non hanno adottato misure adeguate per allinearsi sufficientemente con gli Stati Uniti su questioni economiche e di sicurezza nazionale”.

Nebbia sull’accordo con l’Ue

Per quanto riguarda poi l’accordo con l’Ue, al momento permane la nebbia. L’intesa raggiunta domenica scorsa era più che altro di massima, e rimandava a un secondo momento la definizione di molte questioni fondamentali. Non va dimenticato che i patti commerciali sono per loro natura molto tecnici e necessitano giocoforza di tempi lunghi e negoziati minuziosi. Ma mentre passano i giorni crescono l’incertezza, già a livelli altissimi dopo l’insediamento di Trump alla Casa Bianca, e il malumore per la mancanza di informazioni.

Una situazione peggiorata dal fatto che a proposito dell’accordo ‘epocale’ di domenica, Casa Bianca e Ue abbiano rilasciato due comunicati con preoccupanti differenze su temi chiave.

Entro oggi era prevista una dichiarazione congiunta che fissasse principi generali per poi procedere con gli aspetti più concreti dell’intesa, ma al momento non si sa se verrà effettivamente rilasciata.

Ieri intanto l’Unione europea ha invitato gli Usa ad avviare l’attuazione del nuovo accordo commerciale e a concedere una “riduzione immediata dei dazi” agli esportatori europei. Per questi ultimi, soprattutto per i produttori automobilistici che stanno pagando un dazio del 27,5%, la rapidità è essenziale. Vale comunque la pena ricordare che Trump ha già introdotto tariffe del 50% su acciaio e alluminio, e che quelle appena decise si aggiungono all’aliquota media del 4,8% applicata agli esportatori europei prima che Trump tornasse alla presidenza.

Ecco l’elenco dei Paesi ‘daziati’:

Countries and TerritoriesReciprocal Tariff, Adjusted
Afghanistan15%
Algeria30%
Angola15%
Bangladesh20%
Bolivia15%
Bosnia and Herzegovina30%
Botswana15%
Brazil10%
Brunei25%
Cambodia19%
Cameroon15%
Chad15%
Costa Rica15%
Côte d`Ivoire15%
Democratic Republic of the Congo15%
Ecuador15%
Equatorial Guinea15%
European Union: Goods with Column 1 Duty Rate[1] > 15%0%
European Union: Goods with Column 1 Duty Rate < 15%15% minus Column 1 Duty Rate
Falkland Islands10%
Fiji15%
Ghana15%
Guyana15%
Iceland15%
India25%
Indonesia19%
Iraq35%
Israel15%
Japan15%
Jordan15%
Kazakhstan25%
Laos40%
Lesotho15%
Libya30%
Liechtenstein15%
Madagascar15%
Malawi15%
Malaysia19%
Mauritius15%
Moldova25%
Mozambique15%
Myanmar (Burma)40%
Namibia15%
Nauru15%
New Zealand15%
Nicaragua18%
Nigeria15%
North Macedonia15%
Norway15%
Pakistan19%
Papua New Guinea15%
Philippines19%
Serbia35%
South Africa30%
South Korea15%
Sri Lanka20%
Switzerland39%
Syria41%
Taiwan20%
Thailand19%
Trinidad and Tobago15%
Tunisia25%
Turkey15%
Uganda15%
United Kingdom10%
Vanuatu15%
Venezuela15%
Vietnam20%
Zambia15%
Zimbabwe15%

Fonte: sito della Casa Bianca.