Giornalisti spiati e diritti Lgbtqi+: Italia e Ungheria nel mirino dell’Ue

Con 405 voti a favore, 210 contrari e 36 astensioni è stata approvata la relazione della Commissione sullo Stato di diritto: a luglio la relazione della Commissione
11 ore fa
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Giorgia Meloni e Viktor Orbán
Giorgia Meloni e Viktor Orbán

“Questo Parlamento non può ignorare le minacce ai nostri valori, quando i giornalisti sono spiati in Italia, le libertà civili fondamentali delle persone Lgbtqi+ sono sotto attacco in Ungheria, e la libertà riproduttiva è minacciata da un nuovo presidente nazionalista in Polonia. Il silenzio dei democratici è il regalo più grande per gli estremisti”. Sono queste le parole dell’eurodeputata Ana Catarina Mendes, del gruppo dell’Alleanza progressista di Socialisti e Democratici (S&d), al termine della Commissione sullo Stato di diritto.

Oggi, infatti, il Parlamento europeo ha esaminato la relazione della Commissione per il 2024, evidenziando una serie di minacce ai valori dell’Ue da parte di alcuni Stati membri. La risoluzione non legislativa, adottata con 405 voti a favore, 210 contrari e 36 astensioni, rappresenta la valutazione annuale dei deputati basata sulla più recente relazione. Tra i temi cruciali: giustizia, trasparenza e uguaglianza. E nel mirino dell’Ue c’è anche l’Italia.

Stato di diritto a rischio?

Tra i temi analizzati dalla Commissione sono giustizia, diritti civili e libertà personali ad essere i più critici. La Commissione, infatti, ha ribadito l’esigenza che i sistemi giudiziari restino indipendenti dai poteri legislativi, che siano efficaci e dotati di personale altamente qualificato. Per questo motivo, il monito è andato all’analisi delle riforme in corso negli Stati membri.

Inoltre, la Commissione ha condannato le interferenze nelle indagini su casi di corruzione e l’uso improprio della giustizia a fini politici. Così come, ha richiamato con forza l’attenzione sulla necessità di un’applicazione più rigorosa dei valori dell’Ue e delle decisioni della Corte di giustizia dell’Unione europea, avvertendo che è in gioco la legittimità dell’ordine giuridico dell’Unione.

“La relazione sottolinea il peggioramento della tutela delle minoranze e dei gruppi vulnerabili, con particolare attenzione alle persone Lgbtqi+”, si legge nelle valutazioni finali. Per questo la Commissione sullo Stato di diritto “condanna l’intenzione della Commissione europea di ritirare la proposta di direttiva sulla parità di trattamento e chiede la criminalizzazione dei discorsi d’odio a livello europeo”.

Il riferimento va a quello che i deputati hanno definito “attacchi alla libertà di stampa” e “uso di spyware contro giornalisti e società civile”. Il richiamo all’Italia riguarda quanto accaduto al direttore del giornale Fanpage.it, Francesco Cancellato, spiato con Graphite, uno spyware israeliano di Paragon solution, venduto esclusivamente ai governi. Tra gli altri figurano anche Luca Casarini e Giuseppe “Beppe” Caccia, rispettivamente fondatore e co-fondatore di Mediterranea Saving Humans. Mentre alla lista, si è aggiunto recentemente anche il collega di Cancellato, Ciro Pellegrino, Fanpage.it.

La conferma è arrivata dal Citizen Lab, un’organizzazione specializzata in cybersicurezza dell’Università di Toronto, Canada. Il governo italiano ha negato ogni coinvolgimento, ma restano ancora dubbi su chi abbia autorizzato l’uso dello spyware sul giornalista.

Il Parlamento europeo, col voto favorevole alla relazione della Commissione sullo Stato di diritto, ha anche chiesto “l’attuazione completa delle normative Ue di recente adozione, tra cui regolamento europeo sui servizi digitali (Digital Services Act) e legge europea sulla libertà dei media (European Media Freedom Act)”.

Ungheria nel mirino

Ma è l’Ungheria a preoccupare maggiormente l’Ue. La Commissione ha evidenziato “sviluppi preoccupanti riguardanti il diritto di riunione, la rapida contrazione dello spazio civico, gli attacchi ai diritti delle persone Lgbtqi+, una debole applicazione delle norme anticorruzione, l’ascesa dell’estremismo, le minacce ai processi elettorali e l’uso della tecnologia per limitare i diritti democratici”.

E nella risoluzione si menzionano esplicitamente le persistenti violazioni dei valori dell’Ue da parte dell’Ungheria, facendo riferimento all’influenza politica sulla procura e all’uso improprio dei fondi europei, e si invita il Consiglio a sbloccare le procedure dell’articolo 7 rimaste in sospeso.

L’articolo 7 del Trattato sull’Unione europea (Tue) riguarda la procedura per affrontare le violazioni gravi e persistenti dei valori fondamentali da parte di uno Stato membro. In sintesi, prevede la possibilità di sospendere alcuni diritti derivanti dall’adesione all’Ue, come il diritto di voto in seno al Consiglio, in caso di violazione dei principi su cui si fonda l’Unione, definiti all’articolo 2 dello stesso Trattato.

Tale articolo è stato invocato dopo il divieto, da parte del presidente ungherese Viktor Orbán, del Budapest Pride. Un software di riconoscimento facciale verrà impiegato per individuare gli eventuali partecipanti.

Dopo il voto, la relatrice Ana Catarina Mendes (S&d) ha dichiarato: “La democrazia si fonda sulla separazione dei poteri, sulla libertà di stampa, sull’accesso alla giustizia e sul rispetto delle libertà fondamentali. Senza questi elementi, lo Stato di diritto diventa una formalità vuota e si apre la strada all’autoritarismo”.

La risoluzione rappresenta anche il contributo del Parlamento in vista della Relazione sullo Stato di diritto 2025 della Commissione, prevista per luglio.

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